di Francesco Pungitore*
È innegabile che gli Stati Uniti siano la culla e il motore del capitalismo mondiale, un'ideologia che fa del denaro, più che della merce, il suo valore chiave, il suo “feticcio” per dirla in termini filosofici. La portata del capitalismo è ormai globale, con poche eccezioni di dissenso, e tutto ha avuto inizio proprio negli USA. L'analisi di questo grande Paese può fornire una comprensione più profonda delle sfide e delle criticità di un sistema che attualmente domina il nostro pianeta.
La battaglia dei miliardari
Prendiamo ad esempio la battaglia tra Elon Musk e Mark Zuckerberg per il dominio del mondo parallelo dei social media. Questo conflitto mette in luce l'immensa ricchezza che hanno accumulato. Forbes stima che Zuckerberg (Facebook, Instagram) abbia un patrimonio di 100,8 miliardi di dollari, mentre Musk (Tesla, Twitter) di 239,1 miliardi di dollari. Sono due esponenti chiave del capitalismo moderno che, insieme, accumulano una ricchezza impressionante. Ma come vive il resto della popolazione in questa terra dei sogni? Le risposte potrebbero sorprendere.
Il volto oscuro della ricchezza
Sì, in termini assoluti, gli Stati Uniti sono la nazione più ricca del mondo. Tuttavia, quasi il 12% della popolazione americana vive in condizioni di povertà. Per 38 milioni di persone, avere cibo a sufficienza, acqua pulita, un'abitazione adeguata o vestiti puliti è un lusso spesso inaccessibile. Il capitalismo contemporaneo sembra non creare ricchezza diffusa, ma piuttosto concentrarla nelle mani di pochi.
Povertà, by America
L'apparente paradosso della lotta per la sopravvivenza in mezzo alla ricchezza non è radicato in incomprensibili dinamiche economiche o cause sociali misteriose. La spiegazione è sconcertante ma chiara: una larga fetta di americani vive nel bisogno perché al resto della popolazione conviene. Matthew Desmond, sociologo alla Princeton University e vincitore del Premio Pulitzer, sottolinea questo concetto nel suo libro “Poverty, by America”. Egli imputa non solo alle multinazionali e a Wall Street, ma anche a quegli americani che, per mantenere la loro sicurezza economica e goderne i benefici, approfittano dei connazionali più vulnerabili.
Statistiche inquietanti
Ecco alcuni numeri inquietanti: secondo il censimento del 2021, 38 milioni di persone negli Stati Uniti vivono in povertà; il salario minimo federale è di 7,25 dollari l'ora, una cifra considerata largamente insufficiente; una famiglia media di quattro persone è considerata povera negli USA se guadagna meno di 27.500 dollari all'anno; e la quota di povertà tra gli afroamericani è del 20,8%, il doppio rispetto ai bianchi.
Infanzia in pericolo e degrado sociale
L'indigenza crescente non risparmia neanche i più indifesi: sempre più bambini vivono in strada. La popolazione dei senzatetto è formata in gran parte da famiglie e la categoria di homeless in più rapida crescita è quella dei bambini: 2,5 milioni, ovvero uno ogni 30 minori. Nel Paese dove risiede il 41% delle persone più ricche del pianeta, un terzo della popolazione (105.303.000 persone) fa fatica a far fronte ai bisogni più elementari.
Capitalismo: un bilancio critico
La disparità di ricchezza e povertà riflette la realtà di un sistema, il capitalismo, del quale sembra impossibile discutere se non in termini elogiativi. La critica al capitalismo è morta con Marx? Eppure, il sistema dimostra di non reggere, o almeno non garantisce più un benessere diffuso, in contrasto con la sua “promessa” originale. Questa è ancora una constatazione che possiamo e dovremmo fare? Gli Stati Uniti, epicentro del capitalismo, ci mostrano un quadro preoccupante di estrema disparità di ricchezza. A dispetto di una prosperità apparente, la povertà persiste come un monito inconfondibile dei limiti e delle contraddizioni di questo sistema economico.
La critica di Marx riletta nel contesto contemporaneo
Karl Marx, nel suo “Il Capitale”, ha indicato nel capitalismo un sistema in cui, inevitabilmente, la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, generando disparità e instabilità. La sua critica si basava sulla concezione del lavoro come fonte di tutto il valore e sulla radicale natura di “sfruttamento” del capitalismo, che estrae plusvalore dal lavoro del proletariato per accrescere i profitti dei proprietari dei mezzi di produzione.
Nel contesto attuale, è possibile rilevare ancora echi di questa analisi. Le crisi finanziarie, le bolle speculative e l'accumulazione di debiti insostenibili che abbiamo visto in diversi periodi della storia recente sembrano riflettere il carattere intrinsecamente instabile del capitalismo che Marx aveva identificato.
Per esempio, la crisi finanziaria del 2008 è stata in gran parte causata da pratiche di prestito irresponsabili e da una regolamentazione insufficiente dei mercati finanziari che hanno permesso l'accumulazione di “bolle” speculative che alla fine sono scoppiate, causando enormi danni economici. Questo esempio può essere interpretato come lo specchio evidente di come il capitalismo tenda ad auto-alimentare la propria instabilità attraverso l'accumulazione eccessiva e non regolamentata di ricchezza.
Inoltre, la crescente disparità di ricchezza, visibile anche negli Stati Uniti, può intendersi come un'ulteriore conferma della critica di Marx. Nonostante l'incremento della ricchezza complessiva, il sistema capitalista sembra non essere in grado di distribuire equamente la ricchezza, lasciando un numero crescente di persone alle prese con la povertà e l'insicurezza economica. Rileggere Marx, quindi, non è solo un esercizio filosofico, ma un invito a interrogarsi sulle imperfezioni e le ingiustizie del sistema economico contemporaneo, e a cercare modi per risolverle.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale