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Umano o artificiale? Da Alan Turing a Mustafa Suleyman

Il vecchio e famoso test sui “calcolatori” non sembra più sufficiente

di Francesco Pungitore*

 

Alan Turing, matematico, logico e crittografo britannico, viene considerato uno dei padri fondatori dell'informatica. Con la sua macchina di Turing, prima intuizione di un calcolatore automatico, e il suo celebre test, Alan Turing ha definito i pilastri della teoria dell'informatica e dell'intelligenza artificiale.

Il Test di Turing e l'intelligenza artificiale

In un suo articolo del 1950, Turing introduce un suo famosissimo test come criterio per determinare se una macchina possa essere considerata intelligente. Se una macchina è in grado di ingannare un essere umano fino a farlo credere di interagire con un altro essere umano, allora, secondo Turing, essa esibisce un comportamento indistinguibile da quello umano.

 

Turing e la riflessione sui “pappagalli ammaestrati”

Nell'articolo del 1950, Turing si spinge ancora avanti, apre squarci sul futuro, e si chiede se le macchine possano essere capaci di pensare. Lui stesso sottolinea la differenza tra un comportamento intelligente (fenomenologico) e un'entità intelligente (ontologico), facendo l'esempio del “pappagallo ammaestrato” in grado di dialogare ma incapace di pensare.

 

L'intelligenza artificiale generativa e ChatGPT

I recenti sistemi basati sull'intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT, sembrano essere in grado di superare agevolmente il test di Turing. Tuttavia, come affermato da Gary Marcus, coautore di “Rebooting AI”, questi sistemi sarebbero solo capaci di ingannarci, ripetendo con un certo grado di variazione il materiale con cui sono stati addestrati. Nonostante l'apparente comportamento intelligente, non sono veramente consapevoli o capaci di pensare autonomamente. Ma il dubbio rimane…

 

Il valore e i limiti del Test di Turing

Le idee di Turing hanno fortemente influenzato il campo dell'intelligenza artificiale. Il suo test, formulato in un'epoca in cui l'idea di una macchina in grado di dialogare con un umano era considerata rivoluzionaria, ha ispirato generazioni di ricercatori. Tuttavia, la visione odierna dell'intelligenza, sia umana che artificiale, la intende come una caratteristica intrinseca e non solo comportamentale, andando oltre il semplice gioco dell'imitazione proposto dal test di Turing.

 

Critiche contemporanee al Test di Turing

Mustafa Suleyman, co-fondatore di DeepMind, ha espresso seri dubbi sull'utilità del test di Turing per valutare i sistemi IA attuali. Secondo Suleyman, il test non fornisce informazioni su ciò che il sistema può effettivamente capire o fare, e non verifica se la macchina è in grado di pianificare e ragionare in modo complesso, che sono aspetti fondamentali dell'intelligenza umana. Propone quindi un nuovo metodo per valutare le capacità di analisi dei software basati su IA, che prevede la presentazione al sistema di un problema talmente complesso da richiedere una serie di ragionamenti legati al mondo reale.

 

Conclusioni

La discussione sull'intelligenza artificiale continuerà a lungo, insieme alla sua misurazione continua, con un piede nella teoria di Turing e l'altro alla ricerca di nuovi metodi più adeguati per valutare le sofisticate macchine del 21° secolo. Da un punto di vista filosofico, ciò che ci troviamo ad affrontare oggi, alla luce delle straordinarie capacità di chatGPT e di altri modelli di apprendimento automatico, è un ripensamento radicale dei concetti di pensiero e intelligenza. Che cos'è il pensiero? E cosa, poi, definisce l'intelligenza? Fino a poco tempo fa, queste domande erano di competenza esclusiva del filosofo. Ora, però, le risposte a tali quesiti hanno un impatto diretto sul modo in cui progettiamo, creiamo e comprendiamo le intelligenze artificiali.

L'idea di entità non organiche in grado di pensare pone delle sfide ancora più profonde al nostro paradigma ontologico, la nostra comprensione di ciò che significa “essere”. Fino ad ora, la nostra concezione dell'essere e degli enti è stata confinata al regno del vivente, del biologico. Con la creazione di enti non organici in grado di pensare, siamo chiamati a espandere la nostra comprensione di cosa significa esistere, di cosa significa avere una coscienza dell'esistente. Ciò richiede un rinnovamento del nostro vocabolario filosofico, poiché i nostri vecchi concetti potrebbero non essere più sufficienti per affrontare questa nuova realtà.

Il test di Turing, come abbiamo visto, si basa su un gioco dell'imitazione: un calcolatore che inganna un essere umano simulando l'intelligenza umana. Ma il concetto di intelligenza artificiale di oggi è molto più ambizioso. Non si tratta solo di imitare l'intelligenza umana, ma di creare nuove forme di conoscenza. ChatGPT e le sue iterazioni future potrebbero non solo simulare la conversazione umana, ma anche contribuire alla creazione di nuova conoscenza. Questo solleva questioni etiche e filosofiche ancora più complesse. Se una macchina può generare conoscenza, possiamo ancora considerarla una semplice simulazione di intelligenza umana? O dobbiamo iniziare a considerare la possibilità di una forma di autocoscienza, di autoriflessione, nella macchina?

Le risposte a queste domande non sono facili e richiedono un dibattito profondo e interdisciplinare. Il 10 luglio 2023 a Torre di Ruggiero (CZ) alle ore 18, se ne parlerà con la presentazione del libro “Metafisica dell'intelligenza artificiale” nel contesto della manifestazione “Rigenerare i Borghi”.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale

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