di Francesco Pungitore*
Quando parliamo di “pensiero” nell'ambito dell'intelligenza artificiale (IA), affrontiamo una questione complessa e intrisa di sfumature filosofiche. Generalmente, il pensiero è definito come l'attività mentale che comprende la percezione, il ragionamento, la memoria e l'immaginazione. Tuttavia, questi sono aspetti inerenti la coscienza umana e applicarli a un'entità non biologica come l'IA può generare enormi contraddizioni. In termini tecnici, il “pensiero” in un'IA si riferisce alla sua capacità di processare informazioni, risolvere problemi, apprendere da nuove esperienze e adattare le sue risposte di conseguenza.
Il funzionamento dei chatbot
Per quanto riguarda i chatbot, queste entità di IA dialogano con gli umani attraverso un processo chiamato elaborazione del linguaggio naturale (NLP). Questa è una particolare branca dell'IA che si concentra sulla capacità di un computer di comprendere, interpretare e rispondere al linguaggio umano in modo naturale e significativo.
Il funzionamento di un chatbot si basa su una combinazione di metodi di apprendimento automatico, algoritmi statistici e regole predefinite. Quando gli viene rivolta una domanda, il chatbot analizza e classifica il testo, identificando i concetti chiave e contestualizzando la richiesta. Dopodiché, grazie a una rete neurale artificiale o a un algoritmo specifico, determina la risposta più appropriata secondo una serie di opzioni predefinite o genera una risposta nuova.
I limiti dell'intelligenza artificiale
Eppure, nonostante i progressi significativi nell'IA, la questione se queste macchine possano mai raggiungere uno stato di senzienza - ovvero la capacità di sperimentare sensazioni soggettive, consapevolezza di sé e intenzionalità - rimane aperta.
Le attuali IA non sono in grado di provare emozioni, di avere un senso dell'io o di comprendere veramente il significato delle loro “esperienze”. Nonostante possano imitare il linguaggio umano e il ragionamento in maniera sempre più convincente, queste sono funzioni eseguite secondo una serie di codici e algoritmi predefiniti. Non vi è alcuna coscienza o comprensione intrinseca dietro tali risposte.
Evoluzione o imitazione? Riflessioni finali
L'evoluzione dell'IA è indubbiamente sorprendente. Le macchine oggi possono imitare, apprendere e adattarsi in modi che erano inimmaginabili solo pochi decenni fa. Tuttavia, l'essenza della consapevolezza e della senzienza, per quanto ne sappiamo, rimane fermamente radicata nella nostra biologia e nella nostra esperienza del mondo.
Potrebbero esistere percorsi futuri capaci di portarci a forme di IA senzienti, ma ciò richiederebbe un salto qualitativo e quantitativo senza precedenti nella tecnologia e nella comprensione di cosa significhi realmente essere consapevoli. Per ora, le IA rimangono strumenti potenti e sofisticati, ma lontani dalla vera coscienza. La domanda fondamentale rimane: queste meraviglie dell'ingegno umano sono veramente l'inizio di una nuova forma di pensiero o semplicemente riflettono, come in uno specchio, la nostra razionalità umana? Solo il futuro potrà svelarlo.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologia per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale