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Etica e IA: il riconoscimento facciale e la sorveglianza di massa

Garanzia di sicurezza o arma di monitoraggio e soppressione del dissenso?

di Francesco Pungitore*

 

Il riconoscimento facciale, una delle più affascinanti applicazioni dell'intelligenza artificiale, rappresenta un campo di studio che ha visto una rapida evoluzione tecnologica negli ultimi decenni grazie all'IA. La capacità di identificare o verificare l'identità di un individuo attraverso l'analisi delle caratteristiche del viso non è solo una testimonianza dell'avanzamento tecnologico, ma solleva anche importanti questioni etiche e sociali. 

Breve storia ed evoluzione tecnologica

Il concetto di riconoscimento facciale, sebbene sembri appartenere esclusivamente all'era digitale, affonda le sue radici in precedenti storici e sviluppi nel campo della fotografia e dell'elaborazione delle immagini. Gli anni '60 videro i primi tentativi di automatizzare il riconoscimento delle caratteristiche facciali, sebbene con metodi primitivi e una comprensione limitata delle complessità coinvolte. Tuttavia, è stato solo con l'avvento di algoritmi di apprendimento profondo e l'aumento esponenziale della potenza di calcolo disponibile negli ultimi anni che il riconoscimento facciale ha raggiunto livelli di precisione precedentemente inimmaginabili. Questa evoluzione tecnologica è stata accelerata dall'accesso a grandi database di immagini che hanno permesso di addestrare algoritmi di IA con un'ampia varietà di dati.

 

Come funziona il riconoscimento facciale: un'analisi tecnica

Tecnicamente, il processo di riconoscimento facciale può essere suddiviso in diverse fasi. Inizialmente, il sistema deve rilevare la presenza di un viso nell'immagine o nel flusso video, un processo noto come “localizzazione”. Successivamente, viene effettuata l'analisi delle caratteristiche facciali, durante la quale l'algoritmo identifica e mappa punti specifici (ad esempio, la posizione degli occhi, del naso e della bocca) per creare una rappresentazione digitale del viso. Questa rappresentazione viene quindi confrontata con un database di volti noti per identificare corrispondenze. I moderni sistemi di riconoscimento facciale utilizzano tecniche di apprendimento profondo, in particolare reti neurali convoluzionali (CNN), per analizzare e comprendere le complessità e le variazioni dei tratti facciali con un grado di precisione e affidabilità senza precedenti.

La precisione dei sistemi di riconoscimento facciale attuali deriva dalla loro capacità di apprendere da enormi set di dati e di riconoscere volti in una vasta gamma di condizioni di illuminazione e angolazioni, superando così molti dei limiti dei primi sistemi. Tuttavia, nonostante i notevoli progressi tecnologici, il riconoscimento facciale solleva preoccupazioni significative relative alla privacy, alla sicurezza dei dati e al bias sistematico, questioni che richiedono un'attenta considerazione etica e normativa.

 

La sorveglianza di massa

Il riconoscimento facciale è stato adottato in numerosi contesti globali, spaziando dall'identificazione di sospetti in eventi pubblici di grande scala alla localizzazione di individui scomparsi. Tuttavia, l'entusiasmo iniziale per queste applicazioni è stato temperato dalla crescente consapevolezza del potenziale per un impiego pervasivo e invasivo. La capacità di tracciare gli spostamenti e le attività degli individui senza il loro consenso ha sollevato preoccupazioni significative riguardo alla sorveglianza di massa e al controllo sociale, soprattutto in regimi autoritari che possono utilizzare queste tecnologie per sopprimere dissenso e monitorare la popolazione in modo capillare.

L'evoluzione dell'IA ha giocato un ruolo fondamentale nel potenziare le capacità del riconoscimento facciale, rendendo possibile l'elaborazione e l'analisi in tempo reale di grandi quantità di dati visivi. Le reti neurali convoluzionali, in particolare, hanno migliorato l'accuratezza e la velocità del riconoscimento facciale, consentendo un'identificazione quasi istantanea in mezzo a folle dense e in condizioni di illuminazione variabile. Questo potenziamento tecnologico ha ampliato esponenzialmente le potenzialità applicative della sorveglianza di massa, sollevando questioni etiche urgenti riguardo alla gestione e alla protezione dei dati raccolti, nonché al rispetto della privacy individuale. La sorveglianza di massa rischia di diventare uno strumento di controllo sociale piuttosto che una misura di sicurezza, erodendo i fondamenti della libertà individuale e della democrazia.

In questo contesto, la questione fondamentale diventa come bilanciare efficacemente i benefici potenziali del riconoscimento facciale nella prevenzione e risoluzione dei crimini con i rischi sulla privacy e la libertà civile. Mentre alcuni sostengono che le misure di sorveglianza rafforzate siano necessarie per garantire la sicurezza pubblica, altri avvertono contro i pericoli di una società “sorvegliata”. La sfida, quindi, è sviluppare quadri legali e regolamentari che possano garantire la trasparenza, la responsabilità e il rispetto dei diritti nell'uso di questa tecnologia, assicurando che serva l'interesse pubblico senza compromettere i valori democratici fondamentali.

 

Nel nostro futuro un “Panopticon” digitale?

La prospettiva di un futuro dominato dalla sorveglianza totale, contrapposta alla rinuncia alla tecnologia, presenta un dilemma che incarna profondamente le ansie contemporanee riguardo al rapporto tra tecnologia, privacy e società. Questo dibattito non è solo teorico ma ha implicazioni pratiche e filosofiche profonde per il modo in cui concepiamo la libertà, la sicurezza e il progresso tecnologico. Esaminare queste visioni future richiede un'analisi critica delle tendenze attuali nella sorveglianza digitale e una riflessione argomentata sulle direzioni eticamente sostenibili che la società potrebbe prendere.

L'ipotesi di un futuro di sorveglianza totale si avvicina al concetto del “Panopticon” di Bentham, una prigione ideale dove ogni detenuto è costantemente osservato senza mai sapere se lo è veramente. Trasportata nell'era digitale, questa metafora descrive una società in cui la sorveglianza pervasiva diventa la norma, con la giustificazione di garantire sicurezza e ordine. I sostenitori di questa visione argomentano che la sorveglianza totale potrebbe prevenire crimini e terrorismo, ottimizzare l'efficienza economica e persino migliorare la gestione delle emergenze. Tuttavia, questa prospettiva solleva questioni etiche inquietanti riguardanti la perdita di libertà, la potenziale soppressione del dissenso e l'erosione della dignità umana sotto il peso di un controllo onnipresente.

In risposta ai pericoli della sorveglianza totale, alcuni propongono una rinuncia selettiva alla tecnologia, suggerendo un ritorno a pratiche meno invasive e più rispettose della privacy individuale. Questa visione promuove l'idea che, rinunciando a certe tecnologie, si possa preservare la libertà personale e ridurre il rischio di abusi. I fautori di questa posizione enfatizzano l'importanza di mantenere uno spazio umano autentico, non mediato dalla tecnologia, come fondamento di una società libera e democratica. Tuttavia, critiche a questa visione sostengono che una tale rinuncia potrebbe essere impraticabile nell'era della globalizzazione digitale e potrebbe portare a svantaggi competitivi su scala individuale e nazionale.

Il dilemma tra sorveglianza totale e rinuncia alla tecnologia richiede un esame delle nostre priorità come società e degli obiettivi che desideriamo raggiungere attraverso il progresso tecnologico. La sfida è trovare un equilibrio sostenibile che rispetti la privacy e la libertà individuale, promuovendo al contempo sicurezza e benessere collettivo. Ciò implica lo sviluppo di politiche pubbliche che regolamentino l'uso delle tecnologie di sorveglianza e la promozione di un'etica digitale che valorizzi i diritti umani e la dignità oltre l'efficienza o la sicurezza.

 

Conclusioni

La questione se il futuro sarà caratterizzato da una sorveglianza totale o da una rinuncia alla tecnologia presenta un falso dilemma; la vera domanda è come possiamo utilizzare la tecnologia in un modo etico che bilanci sicurezza e privacy. Un approccio riflessivo e critico alla tecnologia, che consideri le implicazioni etiche a lungo termine delle nostre scelte, oggi, è essenziale per costruire un futuro in cui la tecnologia serva l'umanità, piuttosto che dominarla. La ricerca di questo equilibrio richiederà un impegno collettivo verso la creazione di politiche che incarnino i valori di una società libera e giusta.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale

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