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L'universo, tra scienza e senso

Nuove teorie cambiano l’età dell’infinito che ci circonda, ma rimane l'eterna domanda filosofica sul senso dell'esistenza

di Francesco Pungitore*

 

In una recente pubblicazione sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, il fisico Rajendra Gupta dell'Università di Ottawa ha lanciato una nuova ipotesi che sconvolge l'attuale modello cosmologico: l'universo potrebbe avere 26,7 miliardi di anni, quasi il doppio rispetto agli attuali 13,7 miliardi di anni creduti fino ad oggi.

Gupta recupera l'ipotesi della “luce stanca” di Fritz Zwicky del 1929, secondo cui la luce, percorrendo enormi distanze, perderebbe energia, determinando una diminuzione delle frequenze e un aumento delle lunghezze d'onda. Gupta sposa questa ipotesi con quella dell'espansione dell'universo, sostenendo che entrambe non si escludono a vicenda e che la loro combinazione potrebbe spiegare fenomeni ancora non compresi nel modello cosmologico attuale.

 

Spiegare le anomalie galattiche

Uno degli enigmi attuali in astrofisica riguarda le dimensioni delle galassie primordiali, che, grazie al James Webb Space Telescope, appaiono più piccole del previsto. Secondo Gupta, la “luce stanca” potrebbe offrire una spiegazione: se la luce perde energia, anche la quantità di moto dell'onda luminosa diminuisce, influenzando l'aspetto degli oggetti molto distanti.

 

Modifiche al modello dell'universo in espansione

Gupta non scarta l'attuale modello dell'universo in espansione, ma propone delle modifiche. Suggerisce che le costanti di accoppiamento, ossia le costanti che descrivono le interazioni delle forze tra particelle, potrebbero non essere tali, ma cambiare nel tempo e con l'energia. Tale cambiamento influenzerebbe il comportamento della luce e, di conseguenza, i calcoli sull'età dell'universo, portandola a 26,7 miliardi di anni.

 

Le implicazioni sulle galassie primordiali

Se l'universo dovesse avere il doppio dell'età finora creduta, ciò potrebbe spiegare un'altra peculiarità delle galassie primordiali: le loro masse, più grandi di quanto atteso, sarebbero dovute al fatto che queste galassie sono effettivamente più antiche di quanto stimato nel modello cosmologico attuale.

 

I modelli cosmologici nel corso della storia

I modelli cosmologici hanno subito una profonda evoluzione nel corso della storia, rispecchiando il nostro modo di percepire il posto dell'uomo nell'universo. Per secoli si è creduto che la Terra fosse al centro dell'universo. Un punto di vista accettato fino al XVI secolo, quando Niccolò Copernico propose un modello eliocentrico, con il Sole al centro.

Le scoperte di Galileo Galilei con il suo telescopio nel XVII secolo hanno supportato ulteriormente l'idea di un universo eliocentrico e hanno portato alla formulazione delle leggi del moto planetario di Keplero. Il successivo modello di Isaac Newton ha definito l'universo come un vasto meccanismo governato da leggi universali di gravità e movimento.

Nel XX secolo, la teoria della relatività generale di Albert Einstein ha riformulato completamente il nostro concetto di gravità, suggerendo che l'universo sia in espansione, un'idea poi confermata dalle osservazioni di Edwin Hubble. Infine, la teoria del Big Bang, formulata negli anni '20 del XX secolo e raffinata nel corso del secolo, ha proposto che l'universo abbia avuto origine da un singolo, densissimo e caldissimo punto, espandendosi nel corso di miliardi di anni fino alla sua forma attuale.

Oggi, i modelli cosmologici continuano a evolversi, incorporando nuove teorie e scoperte, come quella dell'energia oscura e della materia oscura, e ora la teoria proposta da Gupta che recupera l'ipotesi della “luce stanca”. Questo ci ricorda che la nostra comprensione dell'universo è sempre in divenire, influenzata da nuove scoperte e interpretazioni, in un incessante dialogo tra scienza e filosofia.

 

La ricerca del senso: la domanda filosofica

Al di là delle scoperte scientifiche, persistono domande che anche il più competente degli scienziati si ritrova a porsi: “Qual è il senso di tutto questo? Che cosa sto facendo qui?”. Questioni filosofiche indagano il senso dell'esistenza, la ragione dell'essere delle cose, e non sono cancellate dal sapere scientifico.

L'universo, nel suo incessante espandersi e mutare, ci rimanda a temi fondamentali sul senso del nostro vivere, dello spettacolo in cui siamo immersi. Non sempre riusciamo a comprenderlo pienamente, nonostante gli sforzi per studiare e conoscere le leggi che lo governano. Il dialogo tra scienza e filosofia diventa allora essenziale, poiché non si tratta solo di capire come l'universo sia fatto, ma anche quale sia il suo e il nostro senso.

 

Riflessioni finali

La nostra percezione del posto che occupiamo nell'universo è profondamente influenzata dalle teorie scientifiche e cosmologiche. Secoli addietro, con la Terra “pensata” come il centro dell'universo, la nostra esistenza poteva sembrare di suprema importanza, come se fossimo il fulcro attorno al quale ruotava tutto il resto. La visione geocentrica forse rafforzava l'idea di un senso intrinseco e universale dell'esistenza umana.

Tuttavia, i progressi della scienza e della cosmologia hanno gradualmente eroso questa visione, sostituendola con la consapevolezza che non siamo affatto al centro dell'universo, ma un minuscolo puntino in un oceano di galassie, in un universo che si estende in modo quasi inimmaginabile sia nello spazio che nel tempo. L'essere umano, nell'infinita vastità dello spazio e della durata di miliardi di anni, può sembrare insignificante, quasi impercettibile.

Eppure, proprio in questa apparente insignificanza, si apre uno squarcio per una rinnovata ricerca di senso. Se non siamo al centro dell'universo, cosa significa allora la nostra esistenza? Questa domanda non smette di essere meno significativa; al contrario, acquista una nuova urgenza. Ci spinge a cercare un senso non dato, ma creato, un senso che deve essere costruito attraverso le nostre azioni, la nostra comprensione. La nostra insignificanza cosmica, vista in questa luce, non è una diminuzione, ma una liberazione. Una liberazione che ci permette di cercare, di domandare, di esplorare, e di attribuire un senso al nostro esistere nel vasto, meraviglioso e ancora misterioso universo in cui viviamo.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale

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