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Intelligenza artificiale, in Europa tante parole e pochi fatti 

Il confronto con le dinamiche di sviluppo dell'IA negli Stati Uniti è impietoso 

di Francesco Pungitore*

 

In America, una buona idea in campo tecnologico si trasforma spesso in un'impresa di successo. In Italia e in Europa, nonostante l'eccellenza accademica, le innovazioni tendono a rimanere confinate nel mondo della ricerca, senza trasformarsi in applicazioni commerciali o imprese. È quanto accade anche nel contesto dell’intelligenza artificiale: gli Usa avanzano spediti, seguiti dalla Cina, mentre l'Italia e l'Europa seguono a distanza.

I numeri

Un interessante articolo di Repubblica del 27 dicembre scorso fornisce un'analisi dettagliata di questa situazione. Negli Stati Uniti, dal 2016 sono state create oltre 21.000 imprese con focus sull’IA e investimenti che raggiungono i 273 miliardi di dollari. Ma anche l'India ha saputo creare 5.616 imprese, in gran parte legate all'outsourcing per imprese occidentali. In grande crescita la Cina che ha registrato la creazione di 2.430 imprese, con investimenti in capitale di rischio che ammontano a 76 miliardi di dollari. Numeri che contrastano con la situazione italiana, dove gli investimenti in IA sono molto più limitati, con soli 2 euro per abitante investiti e un numero di gran lunga inferiore di imprese create.

 

La subalternità europea

l'IA non è solo un motore di innovazione, ma una questione di sopravvivenza economica e industriale sul palcoscenico globale. Quando l'Ue si confronta con gli Stati Uniti e la Cina, emerge un chiaro svantaggio competitivo, soprattutto per quanto riguarda il divario negli investimenti complessivi. Nel 2020, le aziende statunitensi hanno investito 23,6 miliardi di dollari in IA, a fronte dei 9,9 miliardi della Cina e solo 2 miliardi dell'Europa. Gli Stati Uniti e la Cina rappresentano insieme oltre l'80% del valore monetario degli investimenti in start-up IA, mentre l'UE-27 rappresenta quasi il 5%. Questo gap è evidente anche nel campo della ricerca in IA. Gli Stati Uniti hanno il maggior numero di attori economici IA (13.770 organizzazioni), seguiti dalla Cina (11.362), mentre l'Ue ne ha 5.933​​. Una questione cruciale nel dibattito sull'innovazione tecnologica in Europa riguarda il perché l'Unione Europea non stia investendo nella creazione di un proprio “campione” nel settore dell'intelligenza artificiale capace di competere con i giganti americani e asiatici. Questa domanda solleva vari interrogativi sulla lungimiranza effettiva della strategia di investimento e di sviluppo tecnologico dell'Ue.

 

La lentezza delle “regole”

L'approccio dell'Unione Europea nello sviluppo economico e industriale, specialmente nei settori strategici come l'intelligenza artificiale, è oggetto di crescenti critiche per la sua lentezza e la tendenza a enfatizzare eccessivamente regole e regolamenti. Mentre il mondo intero ormai si muove a ritmi vertiginosi verso l'integrazione dell'IA in ogni aspetto della vita quotidiana, l'Europa sembra rallentare, impantanata in un labirinto burocratico che rischia di renderla obsoleta nel contesto globale.

Questa cautela eccessiva, seppur radicata in validi principi di protezione dei diritti e della sicurezza, potrebbe paradossalmente pregiudicare la competitività europea. Mentre le potenze come gli Stati Uniti e la Cina avanzano rapidamente nel campo dell'IA, investendo massicciamente in ricerca e sviluppo e adottando un approccio più aperto al rischio, l'Europa sembra soffocata da un eccesso di prudenza. La regolamentazione, sebbene necessaria, deve essere bilanciata con la necessità di promuovere l'innovazione e l'imprenditorialità.

Questa tendenza all'autolimitazione non solo impedisce all'Europa di competere su un piano paritario nel panorama tecnologico globale, ma rischia anche di relegare i suoi stati membri a un ruolo di semplici consumatori di tecnologie sviluppate altrove, piuttosto che di innovatori e leader nel settore. In un'epoca in cui l'IA è destinata a plasmare il futuro economico e sociale, l'Europa deve trovare un equilibrio tra regolamentazione e innovazione, pena il rischio di rimanere indietro in una corsa tecnologica che non aspetta nessuno.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale

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