di Francesco Pungitore*
C’è un campo di battaglia aperto, negli Stati Uniti, che non risparmia proprio nessuno. Si gioca in ambito culturale, coinvolgendo pure i testi sacri. Il distretto scolastico dello Utah, riferisce oggi l’Ansa (LEGGI QUI), ha sorpreso tutti con la decisione di rimuovere la Bibbia dalle classi elementari e medie, sostenendo che sia “inadatta ai bambini” per la sua volgarità e violenza.
È un mondo bizzarro quello in cui viviamo: i media e i social network ci inondano quotidianamente con milioni di immagini e contenuti discutibili, ma il testo sacro più ampiamente riconosciuto al mondo viene etichettato come “pornografico” e quindi inadatto all'istruzione dei più giovani. Oggi la Bibbia, ieri le opere d'arte classiche italiane giudicate volgari… e domani?
Questi divieti non si limitano ai testi sacri o all'arte. In Florida, il governatore e candidato alla Casa Bianca, Ron DeSantis, ha vietato decine di testi di matematica considerati “politici”. In California, i genitori si sono scontrati su un libro per celebrare il “Pride Month”. Sempre in Utah, il “Libro di Mormon”, uno dei testi sacri dei Mormoni, è sotto esame a causa di una denuncia per i suoi riferimenti alla violenza.
Questo genere di censura potrebbe sembrare un tentativo di proteggere i bambini dalla violenza e dal sesso. Ma potrebbe essere vista anche come un attacco alla libertà di espressione e alla libera formazione culturale del pensiero critico. Questa battaglia culturale sembra essere alimentata principalmente dai conservatori, che si oppongono a quella che considerano un'indottrinazione “woke” (come espressione di eccessivo “politicamente corretto”) nelle scuole. Ma anche gli stati più liberali hanno rimosso dalla biblioteca alcuni testi ritenuti offensivi dal punto di vista razziale.
La questione della censura scolastica sarà probabilmente un tema centrale nella campagna elettorale per il 2024, con i candidati che portano avanti diverse visioni dell'America e di conseguenza dell'istruzione, spesso animate da idee di libertà e giustizia opposte.
È fondamentale fare attenzione a dove può portare la censura. La libertà di espressione, l'accesso all'arte, alla letteratura, alla storia, anche a tradizioni culturali “scomode”, è fondamentale per una società libera e liberamente pensante. Non dobbiamo lasciare che la censura ci privi delle risorse culturali che hanno modellato le nostre differenti civiltà. Ogni libro, ogni opera d'arte, ogni testo sacro ha qualcosa da insegnarci.
Un'analisi di questa situazione non può prescindere dal richiamo a John Stuart Mill, filosofo ed economista britannico, figura di rilievo del pensiero liberale del XIX secolo e autore di “Sulla libertà”, testo che ha influenzato profondamente il pensiero liberale anche negli Stati Uniti. Mill difendeva ferventemente la libertà di espressione e di pensiero, sostenendo che solo attraverso il libero confronto delle idee, anche quelle più sgradite o impopolari, si può arrivare alla verità.
Secondo Mill, la censura non dovrebbe mai essere imposta a meno che un'opinione o un'azione non minacci direttamente il benessere della società. Il suo famoso “Principio del danno” sottolinea che la libertà di un individuo dovrebbe essere limitata solo se le sue azioni rischiano di danneggiare gli altri. Pertanto, Mill avrebbe probabilmente considerato questi atti di censura una degenerazione del suo ideale di libertà di espressione.
Applicando il pensiero di Mill alla situazione odierna, è difficile non vedere i pericoli insiti in una cultura che si muove verso la censura piuttosto che verso la discussione aperta e il confronto. La “pornografia” di un testo sacro, la “volgarità” di un'opera d'arte, il carattere “politico” di un libro di matematica, queste sono tutte questioni complesse che richiedono dialogo, non soppressione. Attraverso il confronto e il dibattito, possiamo insegnare ai nostri giovani a capire e a navigare in un mondo che è molto più sfumato di quanto possa sembrare a prima vista.
In uno scenario come questo, dove si tenta di censurare persino la Bibbia, ci si chiede come Mill avrebbe risposto. Forse avrebbe insistito sulla necessità di un'istruzione più ampia e critica, capace di fornire agli studenti gli strumenti per interpretare e comprendere, per pensare, dunque, piuttosto che proteggerli dal confronto con contenuti scomodi. Infine, avrebbe ricordato che la libertà di espressione è una colonna portante di qualsiasi società libera e aperta, e che la sua perdita può comportare un prezzo molto alto.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale