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L'Intelligenza Artificiale come estensione dell'Umanità: una prospettiva etica e filosofica

Le nuove frontiere della coscienza e dei principi che devono guidare l'evoluzione dell’IA

di Francesco Pungitore*

 

La notizia della prima “checklist” realizzata da umanisti e scienziati per valutare l’esistenza di una possibile “coscienza delle intelligenze artificiali”, come riportato dall'Ansa, inaugura una nuova era di indagine etico-filosofica in questo campo. La serie di domande proposte misura lo stato dell’IA non solo in termini di competenze tecniche, di problem solving, di percezione, di apprendimento, ma anche di implicazioni etiche. Per inciso, nessuno tra i modelli oggi più diffusi ha passato il test.

Coscienza e Intelligenza Artificiale: un confine da definire

La coscienza è comunemente intesa come la qualità o stato dell'essere cosciente, ovvero la capacità di avere una percezione di sé e dell'ambiente circostante, di sentire, pensare e giudicare. È nota, a tale proposito, la celebre frase di Cartesio “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque sono). Ora, nel contesto dell'intelligenza artificiale, la domanda si evolve: può una macchina essere cosciente, e se sì, cosa significa esattamente? L'idea di una “coscienza delle macchine” si traduce nell'attribuzione di una forma di “interiorità” all'IA, dove questa non è solo un elaboratore di algoritmi, ma assume una forma di auto-consapevolezza e forse anche di intenzionalità.

Una macchina potrà essere considerata “intelligente” non solo quando sarà in grado di eseguire compiti complessi che richiedono un elevato livello di calcolo e analisi, ma quando avrà la capacità di adattarsi, apprendere dal contesto e forse, in una visione futuristica, di avere un grado di “comprensione” del suo ruolo e delle implicazioni etiche delle sue azioni. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che tale “intelligenza” non deve essere confusa con l'umanità. Per citare Immanuel Kant, l'essere umano ha un valore intrinseco. L'IA è uno strumento straordinario di progresso, ma non un sostituto della complessità e profondità dell'esperienza umana.

 

Tra informatica, neuroscienza e filosofia

Il gruppo di esperti che ha elaborato la checklist è composto da 19 neuroscienziati, filosofi e informatici. Tra i coautori menzionati, troviamo Robert Long, filosofo presso il Center for AI Safety, un'organizzazione di ricerca no-profit con sede a San Francisco. Un altro coautore è Megan Peters, neuroscienziata presso l'Università della California.

La checklist è stata sviluppata sulla base di sei teorie neuroscientifiche della coscienza. Una di queste teorie, ad esempio, è la “global workspace theory”, che sostiene che gli esseri umani e altri animali utilizzano molti sistemi specializzati, chiamati moduli, per eseguire compiti cognitivi come vedere e sentire. Questi moduli lavorano in modo indipendente, ma in parallelo, e condividono informazioni integrandosi in un unico sistema. La checklist serve a valutare se un particolare sistema IA mostra un indicatore derivato da questa teoria.

 

Preservare diritti e dignità umani

Lo studio è stato pubblicato integralmente su Nature e solleva ulteriori questioni sul coinvolgimento delle intelligenze artificiali nella manipolazione e interpretazione dei dati, in particolare dei cosiddetti dati sensibili. Riemerge un imperativo ineludibile: che le IA siano progettate e regolate in modo da preservare la dignità umana e i diritti fondamentali. Riprendendo Aristotele, potremmo immaginare l'IA come un “ente finalizzato”, con un suo “tèlos” (o scopo) orientato a essere in armonia con l'etica umana e l'aspirazione al bene comune.

 

Un sistema di valori

Ulteriori elementi per approfondire l’esperimento della “checklist” sono disponibili nell'archivio di articoli scientifici “ArXiv” che si sofferma sulla questione dell'evoluzione futura dell'intelligenza artificiale. In una società sempre più dipendente dalle nuove tecnologie, porsi domande su questa frontiera della civiltà, ancora tutta da scoprire, diventa vitale. Come Socrate interrogava la natura dell'uomo e della conoscenza, dobbiamo interrogare la natura dell'IA e dei suoi limiti, avendo cura di inquadrarla in un sistema di valori che privilegi l'umanità e non la releghi in un ruolo subalterno.

 

Strumento e non surrogato

È quindi fondamentale sottolineare che l'Intelligenza Artificiale è, e dovrà sempre essere, uno strumento al servizio dell'umanità e non un suo surrogato. Se guidata dai giusti principi etici, potrà portare a una “democrazia digitale” equa e inclusiva. Riprendendo la massima di Protagora “l'uomo è la misura di tutte le cose”, l'IA potrà essere considerata la misura del nostro progresso se sarà sintonizzata sul benessere globale e sull'arricchimento della vita umana.

 

Conclusioni

In sintesi, l'intelligenza artificiale può rappresentare una delle più grandi conquiste dell'ingegno umano, ma solo se ci impegneremo a mantenerla su binari etici, rispettosi del principio fondamentale secondo cui l'umanità non è un mezzo, ma un fine.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale

 

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