di Francesco Pungitore*
L'alba di una nuova era
L'avvento dell'intelligenza artificiale generativa segna un punto di svolta nella traiettoria evolutiva dell'umanità, paragonabile forse solo all'invenzione della scrittura o alla rivoluzione industriale. Ci troviamo di fronte a quello che il filosofo ceco-brasiliano Vilém Flusser avrebbe definito un “salto ontologico”, un cambiamento così profondo nella nostra relazione con la tecnologia e la conoscenza da ridefinire la natura stessa dell'essere umano e del suo posto nel cosmo.
Questa tecnologia, capace di generare contenuti originali che spaziano dal testo alle immagini, dalla musica al codice, rappresenta una forma di “poiesis” artificiale. Non si tratta più solo di automazione o di elaborazione di dati esistenti, ma di una vera e propria creazione ex nihilo, seppur guidata da modelli addestrati su vasti corpus di conoscenza umana.
L'IA generativa sfida le nostre concezioni tradizionali di creatività e originalità, concetti che filosofi come Immanuel Kant consideravano prerogative esclusive dell'intelletto umano. Ci troviamo ora di fronte a macchine capaci di produrre opere d'arte, comporre sinfonie, o generare teorie scientifiche con un livello di sofisticazione che rivaleggia e, in alcuni casi, supera le capacità umane. Questo solleva profonde questioni ontologiche ed epistemologiche: qual è la natura della creatività? Cosa distingue veramente l'intelligenza umana da quella artificiale?
Il filosofo francese Gilbert Simondon, con la sua teoria dell'individuazione tecnica, ci offre un framework interessante per comprendere questo fenomeno. L'IA generativa può essere vista come un nuovo stadio nell'evoluzione degli oggetti tecnici, un salto qualitativo che porta la tecnologia oltre la mera funzionalità strumentale, verso una forma di autonomia creativa. Simondon ci inviterebbe a considerare l'IA non come un semplice strumento, ma come un partner nell'evoluzione congiunta di uomo e tecnica.
Allo stesso tempo, l'IA generativa amplifica enormemente le nostre capacità cognitive e creative, realizzando in parte la visione del “noosfera” di Vladimir Vernadsky e Pierre Teilhard de Chardin. Questi pensatori immaginavano un futuro in cui l'intelligenza umana, potenziata dalla tecnologia, avrebbe formato una sorta di mente planetaria collettiva. L'IA generativa, con la sua capacità di sintetizzare e ricombinare vasti corpus di conoscenza umana, sembra avvicinarci a questa visione.
Tuttavia, come ci ricorda il filosofo tedesco Martin Heidegger, ogni tecnologia rivela e al contempo nasconde aspetti del mondo. L'IA generativa, mentre apre nuovi orizzonti di possibilità, rischia anche di oscurare altre forme di conoscenza e di relazione con il mondo. C'è il pericolo, per usare i termini di Heidegger, di cadere in un “pensiero calcolante” che riduce tutto a dati e algoritmi, perdendo di vista il “pensiero meditativo” che riflette sul senso e sul valore dell'esistenza.
In questo contesto, il concetto di “tecnosofia” proposto dal filosofo italiano Emanuele Severino acquista particolare rilevanza. Severino ci invita a sviluppare una saggezza tecnologica che vada oltre la mera competenza tecnica, una comprensione profonda del ruolo della tecnologia nella nostra esistenza e del suo impatto sul nostro essere-nel-mondo.
L'IA generativa, dunque, non è solo uno strumento, ma un nuovo paradigma che ridefinisce il nostro rapporto con la conoscenza, la creatività e, in ultima analisi, con noi stessi. Rappresenta sia una sfida che un'opportunità: la sfida di preservare ciò che è essenzialmente umano in un mondo sempre più mediato dall'intelligenza artificiale, e l'opportunità di espandere i confini della nostra comprensione e della nostra capacità creativa.
In conclusione, ci troviamo all'alba di una nuova era, un momento cruciale che richiede non solo innovazione tecnologica, ma anche e soprattutto una profonda riflessione filosofica. Come navigheremo questo nuovo territorio dell'essere e del conoscere? Come manterremo un equilibrio tra il potenziamento offerto dall'IA e la preservazione della nostra umanità? Queste sono le domande che dobbiamo porci mentre ci avventuriamo in questo nuovo capitolo della storia umana.
Sfide etiche e sociali
L'avvento dell'intelligenza artificiale generativa, mentre promette di amplificare le nostre capacità cognitive e creative, solleva al contempo una miriade di questioni etiche e sociali di portata senza precedenti. Ci troviamo di fronte a quello che il filosofo Hans Jonas definirebbe un “vuoto etico”, una situazione in cui le nostre categorie morali tradizionali si rivelano inadeguate di fronte alla portata e alla complessità delle sfide poste da questa nuova tecnologia.
In primo luogo, emerge il rischio concreto di esacerbare le disuguaglianze esistenti, creando quello che potremmo definire, prendendo in prestito il concetto di digital divide di Manuel Castells, un “AI divide”. L'accesso e il controllo di queste potenti tecnologie potrebbero concentrarsi nelle mani di pochi privilegiati, amplificando le asimmetrie di potere già presenti nella nostra società. Questo scenario richiama alla mente la critica di Herbert Marcuse alla tecnologia come strumento di dominio, espressa nella sua opera “L'uomo a una dimensione”. L'IA generativa, se non governata adeguatamente, potrebbe diventare un nuovo mezzo di oppressione e controllo sociale, piuttosto che uno strumento di emancipazione collettiva.
Dobbiamo chiederci: in che modo l'IA generativa può essere distribuita e utilizzata in modo da espandere le capacità fondamentali di tutti gli esseri umani, non solo di una élite tecnologica? Come possiamo garantire che questa tecnologia serva a promuovere la dignità e l'autonomia di ogni individuo?
Un'altra sfida cruciale riguarda la diffusione di contenuti generati artificialmente e il suo impatto sulla sfera pubblica. Jürgen Habermas, nella sua teoria dell'agire comunicativo, sottolinea l'importanza di una comunicazione libera e razionale per il funzionamento della democrazia. L'IA generativa, con la sua capacità di produrre contenuti persuasivi su larga scala, pone una minaccia senza precedenti a questo ideale. La facilità con cui possono essere create fake news, deepfake e altre forme di disinformazione rischia di minare le basi stesse del discorso pubblico e della fiducia sociale.
Qui, il concetto di “società della trasparenza” del filosofo coreano-tedesco Byung-Chul Han acquisisce una nuova rilevanza. Han ci mette in guardia contro i pericoli di una società ossessionata dalla trasparenza e dall'informazione, in cui la verità rischia di dissolversi in un flusso incessante di dati e simulazioni. Come possiamo preservare la possibilità di un discorso pubblico autentico e significativo in un'era in cui la distinzione tra reale e artificiale diventa sempre più sfumata?
La questione dell'autenticità, centrale nel pensiero di filosofi esistenzialisti come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, assume nuove dimensioni nell'era dell'IA generativa. Se un'intelligenza artificiale può produrre opere d'arte, testi o musica indistinguibili da quelli umani, cosa significa essere autenticamente creativi? Come preserviamo il valore dell'espressione umana in un mondo in cui la creazione artificiale diventa onnipresente?
Inoltre, l'IA generativa solleva questioni fondamentali sul concetto di responsabilità morale. Come osserva il filosofo tedesco Günther Anders, la tecnologia moderna crea spesso una “discrepanza prometeica” tra la nostra capacità di produrre e la nostra capacità di immaginare le conseguenze delle nostre creazioni. Chi è responsabile per le azioni e le decisioni di un sistema di IA generativa? Come attribuiamo la responsabilità in un contesto in cui le decisioni emergono da complesse interazioni tra algoritmi e dati?
Il filosofo italiano Luciano Floridi propone il concetto di “infosfera” per descrivere il nuovo ambiente informazionale in cui viviamo. L'IA generativa sta rapidamente diventando un attore centrale in questa infosfera, plasmando la nostra percezione della realtà e le nostre interazioni sociali. Dobbiamo quindi sviluppare nuove forme di “ecologia dell'informazione”, per usare i termini di Floridi, che ci permettano di navigare eticamente in questo nuovo paesaggio informativo.
Infine, non possiamo ignorare le implicazioni dell'IA generativa per il futuro del lavoro e dell'identità umana. Il filosofo coreano-tedesco Byung-Chul Han, nel suo libro “La società della stanchezza”, critica la tendenza della società contemporanea a ridurre gli esseri umani a macchine performative. L'IA generativa, con la sua capacità di automatizzare anche compiti creativi e cognitivi complessi, rischia di esacerbare questa tendenza. Come preserviamo il valore del lavoro umano e il senso di scopo in un mondo in cui sempre più attività possono essere svolte da macchine?
Dunque, le sfide etiche e sociali poste dall'IA generativa sono molteplici e complesse. Richiedono un approccio interdisciplinare che unisca l'etica filosofica, la teoria sociale, la politica e la tecnologia. Solo attraverso una riflessione critica e un dialogo continuo potremo sperare di massimizzare i benefici dell'IA generativa mentre minimizziamo i suoi potenziali danni. La posta in gioco non è solo il futuro della tecnologia, ma il futuro della nostra umanità stessa.
Un nuovo patto intergenerazionale
L'emergere dell'intelligenza artificiale generativa non solo ridefinisce il nostro presente, ma proietta un'ombra lunga sul futuro, imponendoci di riconsiderare profondamente il nostro rapporto con le generazioni a venire. Ci troviamo di fronte a quella che il filosofo tedesco Hans Jonas definirebbe una “responsabilità per il futuro”, un imperativo etico che trascende i confini temporali della nostra esistenza immediata.
Jonas, nel suo “Il principio responsabilità”, ci esorta a estendere la nostra preoccupazione etica oltre l'orizzonte del presente, verso un futuro sempre più plasmato dalle nostre scelte tecnologiche. L'IA generativa, con la sua capacità di influenzare profondamente la produzione culturale, l'economia e persino la cognizione umana, rende questa responsabilità più urgente che mai. Come possiamo garantire che le generazioni future ereditino non solo una tecnologia potente, ma anche la saggezza necessaria per utilizzarla in modo etico e sostenibile?
Il concetto di “equità intergenerazionale”, elaborato dal filosofo americano John Rawls, acquista qui una nuova dimensione. Rawls ci invita a immaginare una “posizione originale” in cui, dietro un “velo di ignoranza”, decidiamo i principi di giustizia senza sapere quale posizione occuperemo nella società. Applicando questo pensiero all'era dell'IA generativa, dobbiamo chiederci: quali principi etici e quali strutture di governance vorremmo stabilire se non sapessimo in quale generazione ci troveremo a vivere? Come possiamo garantire che i benefici e i rischi di questa tecnologia siano distribuiti equamente non solo tra i contemporanei, ma anche attraverso il tempo?
La filosofa Martha Nussbaum, con il suo approccio delle capacità, ci offre un framework utile per pensare a come l'IA generativa possa essere sviluppata in modo da espandere le libertà sostanziali delle generazioni future, piuttosto che limitarle. Come possiamo assicurarci che questa tecnologia amplifichi le capacità umane fondamentali - come il pensiero critico, la creatività, l'empatia - invece di atrofizzarle?
Il concetto di “eredità culturale” assume qui una nuova urgenza. Il filosofo francese Bernard Stiegler ha sottolineato l'importanza della trasmissione culturale intergenerazionale come fondamento dell'evoluzione umana. L'IA generativa, con la sua capacità di produrre e manipolare contenuti culturali su vasta scala, pone sfide inedite a questo processo. Come preserviamo l'autenticità e la diversità dell'espressione culturale umana in un mondo in cui gran parte del contenuto potrebbe essere generato artificialmente? Come garantiamo che le generazioni future abbiano accesso non solo a vasti archivi di conoscenza, ma anche alla capacità di interpretarli criticamente?
L'educazione emerge come un campo di battaglia cruciale in questo nuovo patto intergenerazionale. Il pedagogista brasiliano Paulo Freire, con la sua “pedagogia degli oppressi”, ci ricorda l'importanza di un'educazione che liberi piuttosto che addomesticare. Nel contesto dell'IA generativa, questo significa sviluppare un nuovo tipo di alfabetizzazione che vada oltre le competenze tecniche, per includere una profonda comprensione etica e filosofica delle implicazioni di queste tecnologie.
Il filosofo italiano Luciano Floridi propone il concetto di “onlife” per descrivere la fusione sempre più profonda tra la nostra vita online e offline. Le generazioni future nasceranno in un mondo in cui questa fusione sarà ancora più pronunciata, mediata da sistemi di IA generativa sempre più sofisticati. Come le prepariamo a navigare eticamente e criticamente in questo nuovo ambiente “onlife”?
Il concetto di “tecnodiversità”, proposto dal filosofo Yuk Hui, acquista qui particolare rilevanza. Hui ci invita a considerare la tecnologia non come un fenomeno monolitico e universale, ma come una pluralità di forme culturalmente situate. Come possiamo garantire che le generazioni future ereditino non solo una tecnologia potente, ma anche la diversità di approcci e visioni del mondo necessari per utilizzarla in modo creativo e responsabile?
La questione dell'autonomia, centrale nel pensiero di filosofi come Immanuel Kant e Jean-Paul Sartre, assume nuove dimensioni nell'era dell'IA generativa. Come preserviamo la capacità delle generazioni future di autodeterminarsi in un mondo in cui sempre più decisioni e creazioni potrebbero essere mediate da sistemi artificiali? Come bilanciamo i benefici dell'assistenza AI con l'imperativo di preservare l'agency umana?
Il filosofo coreano-tedesco Byung-Chul Han, nel suo libro “Psicopolitica”, mette in guardia contro i rischi di un “capitalismo delle emozioni” in cui i nostri desideri e affetti sono costantemente manipolati e sfruttati. L'IA generativa, con la sua capacità di produrre contenuti personalizzati e altamente persuasivi, potrebbe acutizzare questa tendenza. Come proteggiamo l'autonomia emotiva e cognitiva delle generazioni future in un ambiente informativo sempre più saturato di contenuti generati artificialmente?
Infine, non possiamo ignorare la dimensione ecologica di questo patto intergenerazionale. Il filosofo norvegese Arne Naess, con la sua “ecologia profonda”, ci ricorda che la nostra responsabilità si estende non solo alle generazioni umane future, ma all'intero ecosistema planetario. Come garantiamo che lo sviluppo dell'IA generativa sia sostenibile non solo in termini sociali ed etici, ma anche ambientali?
In conclusione, il nuovo patto intergenerazionale che siamo chiamati a forgiare nell'era dell'IA generativa è multidimensionale e profondamente complesso. Richiede una visione che sia al contempo lungimirante ed eticamente fondata, capace di anticipare le sfide future senza perdere di vista i valori fondamentali che definiscono la nostra umanità. È un compito che richiede non solo innovazione tecnologica, ma anche e soprattutto saggezza filosofica e coraggio morale. Solo così potremo sperare di consegnare alle generazioni future non solo un mondo trasformato dalla tecnologia, ma anche gli strumenti etici e intellettuali per navigarlo con saggezza e responsabilità.
Verso un futuro di emancipazione collettiva
Nel contemplare il potenziale trasformativo dell’intelligenza artificiale generativa emerge una visione che trascende le mere considerazioni tecnologiche, abbracciando un orizzonte di emancipazione collettiva. Questa prospettiva si radica nella tradizione del pensiero critico e utopico, da Ernst Bloch a Jürgen Habermas, che vede nella tecnologia non solo una forza produttiva, ma un potenziale strumento di liberazione umana.
Il filosofo Herbert Marcuse, nella sua opera “L'uomo a una dimensione”, criticava la tecnologia capitalista come strumento di dominio e repressione. Tuttavia, Marcuse intravedeva anche la possibilità di una tecnologia al servizio della liberazione umana. L'IA generativa, se democratizzata e orientata verso il bene comune, potrebbe realizzare questa visione, diventando un catalizzatore per l'emancipazione collettiva.
La democratizzazione dell'accesso alla conoscenza e alla creatività, resa possibile dall'IA generativa, richiama il concetto di “sfera pubblica” di Habermas. In questo nuovo spazio digitale amplificato dall'IA, potremmo assistere all'emergere di quella che potremmo definire una “sfera pubblica aumentata” dove il dibattito razionale e la produzione culturale collettiva raggiungono nuovi livelli di sofisticazione e inclusività.
Il filosofo francese Jacques Rancière, con il suo concetto di “partage du sensible” (distribuzione del sensibile), ci fa pensare a come l'IA generativa possa ridistribuire le capacità creative e cognitive nella società. Rancière sostiene che l'emancipazione politica passa attraverso una ridistribuzione di ciò che è visibile, dicibile e pensabile. L'IA generativa, democratizzando l'accesso a potenti strumenti di creazione e analisi, potrebbe contribuire a questa ridistribuzione, ampliando il campo del possibile per individui e comunità precedentemente marginalizzati.
Il concetto di “intelletto generale” di Karl Marx assume una nuova rilevanza nell'era dell'IA generativa. Marx immaginava un futuro in cui la conoscenza sociale accumulata diventasse una forza produttiva diretta. L'IA generativa, sintetizzando e ricombinando vasti corpus di conoscenza umana, potrebbe essere vista come una manifestazione tecnologica di questo intelletto generale, un bene comune cognitivo al servizio dell'emancipazione collettiva.
La filosofa Donna Haraway, nel suo “Manifesto Cyborg”, ci invita a immaginare nuove forme di soggettività e solidarietà che trascendono le dicotomie tradizionali tra umano e macchina, natura e cultura. L'IA generativa, con la sua capacità di fondere e ricombinare diverse forme di conoscenza e creatività, potrebbe facilitare l'emergere di queste nuove forme di “parentela” trans-specie e trans-ontologiche immaginate da Haraway.
Il filosofo e sociologo Bruno Latour, con la sua teoria dell'attore-rete, ci riporta all'IA generativa non come uno strumento esterno, ma come parte di un complesso assemblaggio socio-tecnico. In questa prospettiva, l'emancipazione collettiva passerebbe attraverso la creazione di nuove forme di “collettivi ibridi” umano-AI, capaci di affrontare le sfide globali con una intelligenza distribuita e multispecifica.
Il concetto di “ecologia dei media” di Neil Postman acquista una nuova dimensione nell'era dell'IA generativa. Come possiamo creare un ecosistema mediatico in cui l'IA generativa amplifichi la diversità e la ricchezza dell'espressione umana, piuttosto che omogeneizzarla? Come possiamo utilizzare queste tecnologie per coltivare ciò che il filosofo Félix Guattari chiamava “ecosofia”, un'ecologia che integri le dimensioni ambientali, sociali e mentali?
La sfida del cambiamento climatico e delle disuguaglianze sistemiche richiede un approccio che il filosofo Edgar Morin definirebbe di “pensiero complesso”. L'IA generativa, con la sua capacità di processare e sintetizzare enormi quantità di dati e scenari, potrebbe diventare uno strumento cruciale per navigare questa complessità, aiutandoci a immaginare e implementare soluzioni olistiche e sistemiche.
Tuttavia, come ci ricorda il filosofo Paul Virilio, ogni tecnologia porta con sé non solo possibilità, ma anche nuove forme di “incidente”. La realizzazione del potenziale emancipatorio dell'IA generativa richiederà una costante vigilanza etica e una governance partecipativa. Il concetto di “tecnodemocrazia” proposto da Andrew Feenberg diventa qui cruciale: come possiamo assicurare che lo sviluppo dell'IA generativa sia guidato da processi democratici inclusivi, piuttosto che dalle logiche del profitto o del controllo autoritario?
Conclusioni
Al termine di questa riflessione filosofica sull'intelligenza artificiale generativa, emergono alcune considerazioni fondamentali che delineano tanto le sfide quanto le opportunità di questa nuova era tecnologica.
In primo luogo, l'IA generativa si configura non solo come un avanzamento tecnico, ma come un vero e proprio “salto ontologico” che ridefinisce i confini tra umano e macchina, tra creazione e riproduzione, tra conoscenza individuale e intelligenza collettiva. Questo salto richiede una profonda riconsiderazione delle nostre categorie filosofiche tradizionali e l'elaborazione di nuovi modelli concettuali capaci di cogliere la complessità di questa nuova realtà.
In secondo luogo, le sfide etiche e sociali poste dall'IA generativa sono molteplici e interconnesse. Dalla questione della disuguaglianza e dell'accesso, alle problematiche legate alla manipolazione dell'informazione e dell'opinione pubblica, fino alle questioni fondamentali dell'autenticità e della responsabilità morale. Queste sfide richiedono un approccio interdisciplinare che unisca l'etica filosofica, la teoria sociale, la politica e la tecnologia in un dialogo costante e costruttivo.
Terzo, l'avvento dell'IA generativa ci impone di ripensare radicalmente il nostro rapporto con le generazioni future. Siamo chiamati a forgiare un nuovo patto intergenerazionale che garantisca non solo la trasmissione di una tecnologia potente, ma anche la saggezza necessaria per utilizzarla in modo etico e sostenibile. Questo implica ripensare profondamente i nostri sistemi educativi, le nostre strutture di governance e il nostro rapporto con l'eredità culturale.
Infine, nonostante le sfide e i rischi, l'IA generativa porta con sé un potenziale emancipatorio senza precedenti. Se guidata da valori di solidarietà, inclusione e giustizia sociale, potrebbe diventare un potente strumento per la democratizzazione della conoscenza e della creatività, per l'affrontamento delle grandi sfide globali e per l'emergere di nuove forme di intelligenza collettiva e solidarietà trans-specie.
In ultima analisi, il futuro dell'IA generativa non è predeterminato, ma dipenderà dalle scelte etiche, politiche e filosofiche che faremo collettivamente. Come sosteneva il filosofo Jean-Paul Sartre, siamo “condannati alla libertà”, obbligati a fare scelte che definiranno non solo il nostro futuro, ma il futuro stesso dell'umanità e del nostro rapporto con la tecnologia.
La sfida che ci attende è tanto tecnica quanto filosofica: dobbiamo sviluppare non solo sistemi di IA più avanzati, ma anche una saggezza collettiva più profonda, una “tecnosofia” che ci permetta di navigare questo nuovo territorio dell'essere e del conoscere con consapevolezza, responsabilità e speranza. Solo così potremo sperare di realizzare il potenziale emancipatorio dell'IA generativa, creando un futuro in cui la tecnologia amplifichi il meglio dell'umanità, promuovendo una società più equa, creativa e solidale.
In questo cammino verso un futuro incerto ma potenzialmente luminoso, la filosofia non è un lusso intellettuale, ma una necessità pratica. Sarà attraverso il pensiero critico, l'immaginazione etica e il dialogo continuo che potremo plasmare l'IA generativa non come un destino imposto, ma come un orizzonte di possibilità umane ampliate. Il viaggio è appena iniziato, e il suo esito dipenderà dalla nostra capacità collettiva di pensare, sognare e agire con saggezza e coraggio.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologia per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale