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Google Flow: la nuova frontiera del filmmaking AI 

Il nuovo strumento trasforma prompt testuali e asset digitali in video cinematografici, integrando i modelli Veo 3, Imagen 4 e Gemini. Ecco come funziona e perché promette di rivoluzionare la creatività audiovisiva

di Francesco Pungitore*

 

Google ha appena presentato Flow, la sua piattaforma di filmmaking AI pensata per professionisti e creativi che desiderano portare la narrazione visiva a un nuovo livello di automazione e controllo. Annunciato durante il Google I/O 2025, Flow si propone come un vero e proprio ecosistema per la produzione video generativa, integrando le tecnologie più avanzate sviluppate da Google: il modello video Veo 3, il generatore di immagini Imagen 4 e il potente modello linguistico Gemini.

Cos’è Google Flow

Flow è una piattaforma cloud che consente di creare clip e scene cinematografiche a partire da semplici descrizioni in linguaggio naturale, immagini di riferimento o asset digitali forniti dall’utente. Il sistema traduce i prompt testuali in video di alta qualità, mantenendo una coerenza stilistica e narrativa tra le diverse sequenze. Flow nasce per essere uno strumento “by creatives, for creatives”, cioè sviluppato insieme a registi, storyteller e artisti digitali per rispondere alle esigenze reali della produzione audiovisiva.

 

Come funziona: architettura e workflow

Alla base di Flow c’è l’integrazione sinergica di tre modelli AI:

  • Veo 3: il motore di generazione video, capace di produrre clip fino a 8 secondi con realismo fisico, coerenza narrativa e – novità assoluta – anche audio sincronizzato (dialoghi, suoni ambientali, effetti).
  • Imagen 4: il generatore di immagini, utilizzato per creare asset visivi, personaggi e ambientazioni da prompt testuali o immagini di partenza.
  • Gemini: il modello linguistico che interpreta i comandi in linguaggio naturale, semplificando la scrittura dei prompt e la gestione delle scene.

 

Le principali funzionalità di Flow

  • Prompting naturale: basta una descrizione testuale (“Una ragazza corre sotto la pioggia in una città futuristica”) per generare la scena desiderata, con asset coerenti e dettagliati.
  • Camera control: strumenti avanzati per gestire angolazioni, movimenti di camera e composizione della scena.
  • Scene builder: possibilità di estendere, modificare o collegare più clip, mantenendo la coerenza visiva e narrativa tra le sequenze.
  • Asset management: gestione centralizzata di tutti gli “ingredienti” (personaggi, oggetti, ambienti) da riutilizzare in più scene o progetti.
  • Flow TV: una galleria di video generati dalla community, con la possibilità di vedere i prompt utilizzati e apprendere nuove tecniche creative.

 

A chi si rivolge e come accedere

Flow è pensato sia per professionisti del settore audiovisivo sia per creativi indipendenti e content creator. Al momento è disponibile negli Stati Uniti tramite abbonamento ai piani Google AI Pro e AI Ultra, ma è previsto un rollout globale nei prossimi mesi. L’interfaccia è progettata per essere intuitiva anche per chi non ha competenze tecniche avanzate, pur offrendo strumenti di editing e controllo sofisticati per gli utenti più esperti.

 

Perché è una svolta per il settore

Flow rappresenta un salto di qualità rispetto ai precedenti esperimenti di video generativo: la combinazione di prompt testuali, controllo degli asset e strumenti di editing avanzato permette di realizzare prodotti audiovisivi con una rapidità e una qualità finora inedite. La piattaforma si pone in diretta competizione con soluzioni come Sora di OpenAI, Dream Machine di Luma Labs e Runway, ma punta a distinguersi per la profondità dell’integrazione tra i diversi modelli AI e per la facilità d’uso. Flow nasce per rendere la creazione video un processo iterativo, fluido e senza limiti, dove la tecnologia si mette al servizio della creatività e non viceversa.

 

Conclusioni

L’arrivo di Google Flow nel panorama della produzione audiovisiva non ha fatto altro che alimentare le polemiche già roventi nel mondo del cinema americano sull’uso dell’intelligenza artificiale. A Hollywood, attori e sceneggiatori hanno più volte manifestato la propria contrarietà verso strumenti come Flow, temendo che la generazione automatica di scene, dialoghi e persino performance digitali possa minacciare la centralità del lavoro umano e l’autenticità artistica. Il timore diffuso è che tecnologie di questo tipo possano portare a una progressiva sostituzione di interpreti e creativi, riducendo il valore delle performance attoriali a semplici dati manipolabili e mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro.

Le recenti controversie legate all’uso dell’AI per modificare voci e immagini nei film candidati agli Oscar, come “The Brutalist” ed “Emilia Pérez”, hanno già dimostrato quanto il settore sia sensibile al tema e quanto l’opinione pubblica sia divisa tra entusiasmo per l’innovazione e preoccupazione per la perdita di autenticità e diritti d’autore. La possibilità, offerta da strumenti come Google Flow, di creare interi film senza il coinvolgimento diretto di attori e sceneggiatori reali, viene vista da molti come una minaccia concreta alla sopravvivenza stessa del cinema come arte fondata sull’esperienza umana.

In questo clima, il lancio di Flow rischia di diventare il simbolo di una frattura sempre più profonda tra tecnologia e creatività, spingendo l’industria cinematografica a interrogarsi con urgenza su nuove regole per l’uso dell’intelligenza artificiale nelle produzioni artistiche.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Psicologia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologia per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale

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