rivista di opinione, ricerca e studi filosofici
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Navigare tra gli iceberg dell'innovazione: le due facce dell'intelligenza artificiale

Un'esplorazione riflessiva sulle responsabilità alle quali siamo tutti chiamati

di Giovanni De Giorgio*

 

Diciamolo francamente, l'intelligenza artificiale è estremamente importante, basti dire che essa è la “disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali più complessi mediante l'uso di un computer”. Detto ciò, proprio perché la disciplina si occupa della “riproduzione dei processi mentali più complessi mediante l'uso del computer”, una domanda è lecita: quali sono i rischi dell'intelligenza artificiale? 

Se non esiste alcun rischio, è inutile parlarne, ma evitare di parlarne potrebbe essere proprio il rischio maggiore. Ecco perché, a mio avviso, il vero “pericolo” è quello di insabbiare la testa, imitare lo struzzo, far finta di niente, sperando che il computer non commetta errori e sia sempre impeccabile. Ebbene, se qualcuno pensa che il “mitico” calcolatore elettronico non possa commettere errori, dovrebbe anche pensare che a commetterli potrebbe essere l'uomo, che non è infallibile, e la sua infallibilità potrebbe evidenziarsi in diverse circostanze, incluse quelle in cui vengono progettate o adoperate le macchine più sofisticate e “intelligenti”. Insomma, non è possibile escludere l'errore umano, tantomeno l'errore della macchina che, nonostante la sua “potenza”, potrebbe “potentemente” infrangersi contro un metaforico iceberg e ripetere, in modo diverso, l'affondamento del Titanic. La metafora titanica non deve impaurire, ma far riflettere, e certamente non deve scoraggiare l'uso consapevole, responsabile, assennato ed etico dell'intelligenza artificiale, disciplina preziosa, come l'oro, come l'oro spirituale che non intende ritrasformarsi in metallo plumbeo e regredire verso l'impurità. A colpi di metafora, qui s'intende dire ciò che non è possibile dire in poche righe, ma, di certo, l'intelligenza “naturale” del gentilissimo lettore riesce a cogliere il senso della scrittura metaforica che dovrebbe generare, nell’immaginario, tante ideazioni cariche di prudenza e responsabilità rapportabili al buon uso degli algoritmi. Ben venga, dunque, l'intelligenza artificiale, algoritmica e tecnologica, ma soprattutto ben venga l'intelligenza naturale, biologica ed umana, senza cui non esisterebbe né l'algoritmo né il computer. Su questo non c'è alcun dubbio. [07/11/2023]

 

*medico chirurgo, omeopata e agopuntore, membro del Comitato Scientifico dell'Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale

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