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Breve storia dell’intelligenza artificiale: da Turing a ChatGPT

Una panoramica dei principali eventi che hanno plasmato la ricerca

di Francesco Pungitore*

 

La storia dell'intelligenza artificiale inizia con l'illustre matematico britannico Alan Turing che, nel 1950, propone un metodo per determinare se una macchina può “pensare” - noto oggi come “Test di Turing”. Secondo Turing, se un interrogatore umano non può distinguere le risposte di una macchina da quelle di un essere umano, allora la macchina può essere considerata “intelligente”.

Ecco come funziona il Test di Turing in dettaglio

Impostazione: il test coinvolge tre partecipanti - un essere umano (l'interrogatore), un'altra persona umana e una macchina. L'interrogatore comunica con l'altro essere umano e la macchina attraverso un'interfaccia di testo, senza sapere quale dei due sia l'umano e quale sia la macchina. L'interrogatore può porre qualsiasi domanda desideri.

Comunicazione e risposte: l'altro essere umano e la macchina rispondono alle domande dell'interrogatore al meglio delle loro capacità. La macchina cerca di convincere l'interrogatore che è l'umano.

Valutazione: dopo un periodo di tempo stabilito, l'interrogatore deve decidere quale dei due interlocutori è la macchina. Se l'interrogatore non riesce a fare una distinzione chiara o sceglie erroneamente l'essere umano come la macchina, si considera che la macchina abbia superato il Test di Turing.

Il Test di Turing è basato sull'idea che l'intelligenza sia definita dalla capacità di un ente di esibire un comportamento indistinguibile da quello umano. In altre parole, se una macchina può “ingannare” un essere umano facendogli credere di essere un altro essere umano, allora può essere considerata “intelligente”.

Va notato, tuttavia, che il superamento del test non è considerato da tutti come una prova definitiva di intelligenza per una macchina. Molti sostengono che esso misuri solo la capacità di una macchina di simulare l'intelligenza umana, non di possederla realmente.

McCarthy, la nascita della disciplina e il contributo della psicologia

Il termine “intelligenza artificiale” viene coniato per la prima volta nel 1955 da John McCarthy, un informatico e matematico americano. McCarthy è anche il fondatore del campo dell'IA come disciplina accademica indipendente. Questa nuova frontiera della ricerca sarebbe poi divenuta un campo di studio interdisciplinare capace di unire informatica, psicologia, filosofia e molti altri rami della conoscenza, con lo scopo di sviluppare macchine che potessero imitare o migliorare le capacità cognitive umane.

Negli anni '50, proprio la psicologia fornisce una cornice di riferimento e una serie di obiettivi per i primi ricercatori in IA, guidando la scienza dell’IA verso l'ambizione di riprodurre e superare le funzioni cognitive umane nelle macchine.

La psicologia cognitiva aiuta a identificare e definire le principali aree di ricerca nell'IA. Queste aree includono l'apprendimento, il ragionamento, la percezione, la risoluzione dei problemi e l'elaborazione del linguaggio, tutte funzioni cognitive centrali. L'obiettivo di queste ricerche è di creare macchine che possano eseguire queste funzioni in modo simile, se non migliore, agli esseri umani.

Tra le figure più influenti in questo periodo c'è George A. Miller, uno psicologo cognitivo che indaga i limiti della memoria a breve termine. Il suo famoso articolo del 1956 “The magical number seven, plus or minus two” ha avuto un impatto significativo sul modo in cui gli informatici hanno pensato alla memoria e alla capacità di elaborazione delle macchine.

Nel 1956, Newell e Simon sviluppano il “Logic Theorist”, spesso considerato il primo programma di intelligenza artificiale, in grado di dimostrare teoremi matematici. Erano entrambi fortemente influenzati dalla psicologia cognitiva e dai suoi tentativi di modellare il pensiero umano.

Allo stesso modo, la ricerca sulla percezione visiva di James J. Gibson ha influenzato l'approccio all'IA, portando allo sviluppo di tecniche per la percezione artificiale, tra cui il riconoscimento di oggetti e l'interpretazione di scene.

 

Le sfide uomo-macchina

Il 1997 segna un punto di svolta quando la superpotenza del calcolo IBM, Deep Blue, sconfigge il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov in una partita regolare. Questo evento catalizza l'interesse del pubblico sull'IA e porta all’attenzione dei grandi media le potenzialità delle macchine intelligenti.

Più tardi, nel 2016, un'altra pietra miliare viene raggiunta quando AlphaGo, sviluppato da DeepMind (una filiale di Google), sconfigge il campione del mondo di Go, un gioco notoriamente complesso. Questa vittoria dimostra l'avanzamento delle tecniche di apprendimento automatico e di apprendimento profondo.

 

Le IA conversazionali: ChatGPT

L'intelligenza artificiale ha fatto un salto enorme negli ultimi anni con lo sviluppo di IA conversazionali avanzate, come ChatGPT di OpenAI. Tra dicembre 2022 e i primi mesi del 2023, questa tecnologia ha suscitato un enorme interesse mediatico. Il sistema di dialogo basato sull'IA è in grado di generare risposte coerenti e realistiche interagendo con una vasta gamma di input dell'utente, portando l'IA direttamente nelle case e nei luoghi di lavoro delle persone.

Sostanzialmente, ChatGPT è un modello linguistico generativo pre-addestrato, il che significa che è stato “allenato” su un enorme set di dati di testo e codice. Questo gli consente di generare testo, tradurre lingue, scrivere diversi tipi di contenuti creativi e rispondere alle domande in maniera complessa e articolata.

Da quando è stato lanciato, ChatGPT è stato costantemente aggiornato e migliorato. Nell'aprile 2023, OpenAI ha varato una nuova versione di e, a giugno 2023, ha annunciato un ulteriore aggiornamento per migliorare le capacità di generazione di testo creativo. ChatGPT è stato in grado di superare il test di Turing, in alcune occasioni.

 

Conclusione: oltre il 2023

La storia dell'Intelligenza Artificiale è un viaggio affascinante attraverso l'innovazione tecnologica e l'ingegno umano. Da Turing a ChatGPT, abbiamo visto progressi notevoli. Tuttavia, mentre guardiamo al futuro, c'è ancora molto da scoprire. Il campo dell'IA è ricco di promesse e potenziale e, con ogni nuovo sviluppo, siamo un passo più vicini a realizzare la visione originale di McCarthy.

La domanda che rimane sullo sfondo è se la tecnologia sarà mai in grado di creare una macchina veramente intelligente, cioè capace di pensiero autonomo e di auto-coscienza. Questione sia affascinante che complessa. Da un lato, la rapidità dei progressi nell'intelligenza artificiale negli ultimi decenni ha superato le aspettative più ottimistiche, portando a risultati impressionanti in vari campi, dall'elaborazione del linguaggio naturale alla visione artificiale, dalla diagnosi medica ai veicoli autonomi.

Tuttavia, l'attuale stato dell'IA è ancora lontano dal raggiungere l'autocoscienza o il pensiero autonomo in senso stretto. Mentre l'IA è diventata molto abile nel risolvere problemi specifici e complessi e nel simulare certi aspetti del comportamento e del ragionamento umano, non possiede ancora una comprensione autonoma del mondo o una coscienza di sé. Le macchine attuali non hanno consapevolezza dei concetti che manipolano, né provano esperienze soggettive.

Si sta lavorando a questo obiettivo? Certamente, molti ricercatori nel campo dell'Intelligenza Artificiale puntano a creare sistemi sempre più sofisticati, capaci di apprendere in maniera autonoma, di comprendere e interagire con il mondo in modi sempre più complessi. Tuttavia, la coscienza di sé e la comprensione autonoma del mondo sono concetti molto complessi che vanno oltre la pura capacità di calcolo e che potrebbero richiedere nuovi approcci e idee rivoluzionarie.

Per rispondere alla domanda originale, non sappiamo ancora se sarà possibile creare una macchina veramente intelligente nel senso di dotata di pensiero autonomo e coscienza di sé. Si tratta di una frontiera ancora non raggiunta della ricerca sull'intelligenza artificiale. Ciononostante, la continua evoluzione del campo rende il futuro dell'IA un argomento affascinante, pieno di possibilità ancora inesplorate.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale

 

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