di Francesco Pungitore*
Gli investimenti nell’AI hanno raggiunto livelli record negli ultimi due anni, alimentati soprattutto dalla corsa all’AI generativa. Secondo un rapporto UNCTAD, il mercato globale dell’AI ha toccato un valore di circa 189 miliardi di dollari nel 2023, e si prevede che possa crescere di 25 volte in un decennio, fino a 4,8 trilioni di $ entro il 2033. In termini di finanziamenti, dopo un rallentamento nel 2022 (circa 91,9 miliardi $ di investimenti privati globali, in calo del 26,7% rispetto al 2021), il 2023 e il 2024 hanno visto una nuova impennata. Nel 2024 quasi un terzo di tutto il finanziamento venture mondiale è confluito in aziende legate all’AI: oltre 100 miliardi $ in funding, +80% rispetto ai 56 miliardi del 2023. Questo ha fatto dell’AI il settore numero uno per raccolta di capitali nel 2024, superando persino il picco del boom tech del 2021.
Una parte importante di questi capitali si è indirizzata verso l’AI generativa. Le startup che sviluppano modelli di base generativi (LLM, diffusion models, ecc.) hanno attirato circa un terzo dei fondi AI 2024. In particolare, gli investimenti globali nelle tecnologie di AI generativa sono stati stimati in 33,9 miliardi $ nel 2024, in crescita del +18,7% rispetto all’anno precedente. I restanti due terzi dei finanziamenti AI sono andati ad applicazioni che utilizzano questi modelli nei vari settori: sono cresciuti i fondi per infrastrutture e gestione dati necessarie all’AI, e tra le aree applicative più finanziate figurano la guida autonoma, la sanità (es. diagnostica AI), la robotica, i servizi professionali e la sicurezza/militare. In altre parole, l’AI sta catalizzando investimenti trasversali: da un lato lo sviluppo di foundation models e piattaforme AI, dall’altro la loro adozione in industrie tradizionali.
Questa ondata di investimenti è spinta sia da venture capital privati che da grandi corporation e fondi pubblici. Numerose aziende hanno annunciato piani di spesa ambiziosi in AI: ad esempio, negli USA la sola spesa privata in AI nel 2024 ha raggiunto 109,1 miliardi $ (12 volte quella cinese). Molte big tech hanno riorientato le proprie strategie sull’AI, mentre i governi lanciano iniziative dedicate. Il risultato è che l’AI è entrata in una fase di adozione di massa: il 78% delle organizzazioni a livello mondiale dichiarava di utilizzare già l’AI nel 2024, rispetto al 55% dell’anno precedente. Questo rapido aumento di adozione reale si accompagna a studi che confermano effetti positivi sulla produttività: l’AI può aumentare l’efficienza e, nella maggior parte dei casi, colmare gap di competenze tra i lavoratori invece di sostituirli.
Tabella 1 – Investimenti privati in AI per Paese (cumulativo 2013-2024)
Paese |
Investimenti AI 2013-2024 (miliardi $) |
---|---|
Stati Uniti |
471 (≈ metà del totale mondiale) |
Cina |
119 |
Regno Unito |
28 |
Canada |
15 |
Israele |
15 |
Germania |
13 |
India |
11 |
Francia |
11 |
Corea del Sud |
9 |
Singapore |
7 |
I paesi leader e le aree di maggior investimento
Dalla tabella si evince che gli Stati Uniti dominano nettamente la scena degli investimenti in AI: dal 2013 al 2024 attraggono da soli circa 471 miliardi di $, una cifra superiore a quella di tutto il resto del mondo combinato. Gli USA dispongono di un ecosistema unico di grandi aziende tech, venture capital e centri di ricerca che alimenta questa leadership. I capitali americani si concentrano tanto sulle aziende che sviluppano i modelli di AI (basti citare OpenAI, Anthropic, Google DeepMind, ecc.), quanto sulle applicazioni in settori chiave. Negli Stati Uniti si è assistito a una “corsa all’oro” dell’AI che ha catalizzato innovazioni in veicoli autonomi, sanità e infrastrutture IT. Ad esempio, ingenti investimenti privati e incentivi governativi hanno accelerato lo sviluppo di auto a guida autonoma (coinvolgendo attori come Google/Waymo, Tesla, Cruise...), la diffusione di AI in ambito medico (diagnostica assistita, monitoraggio da remoto) e l’adozione di sistemi AI nel cloud e nelle imprese. Le proiezioni macroeconomiche indicano che questa spinta potrebbe far crescere il PIL USA dello 0,5-1,5% annuo addizionale nei prossimi 10 anni. Inoltre, gli Stati Uniti guidano per numero di nuove startup AI: nel 2024 sono state finanziate 1.073 nuove imprese AI negli USA, un volume di gran lunga superiore a qualsiasi altro Paese.
La Cina è il secondo attore principale, sebbene con una spesa privata molto inferiore agli USA. Dal 2013 al 2024 la Cina ha registrato circa 119 miliardi $ di investimenti AI. La strategia cinese vede una forte regia statale: piani come Made in China 2025 e la Strategia nazionale per l’AI puntano a fare della Cina un leader entro questo decennio. I settori di punta degli investimenti cinesi riflettono le priorità industriali: robotica e automazione industriale, veicoli autonomi, sensoristica avanzata e hardware AI. La Cina ha già conquistato il primato nella robotica industriale, con il 52% delle installazioni mondiali di robot negli impianti produttivi effettuate sul suo territorio. Allo stesso tempo sta spingendo sull’AI per città intelligenti, sorveglianza e applicazioni consumer: aziende cinesi hanno esportato soluzioni di videosorveglianza, smart city e automazione in molti paesi, aumentando l’influenza cinese in questi ambiti. Il governo ha inoltre designato oltre 20 “città campione” dell’AI per creare poli d’innovazione regionali. Questo dinamismo è accompagnato da una crescente attenzione alla governance: la Cina sta implementando normative su etica e algoritmi per un’AI “affidabile”, muovendosi in anticipo su temi regolatori.
Accanto ai due giganti, altri Paesi stanno investendo in modo mirato per ritagliarsi un ruolo nell’economia dell’AI. In Europa, il Regno Unito è in prima linea: è il terzo paese per fondi AI attratti (circa 28 miliardi $ dal 2013) e nel 2024 le imprese UK hanno investito ~4,5 miliardi $ in AI, più di qualsiasi altro paese europeo. Londra ambisce a diventare un hub internazionale per l’AI, sostenuta anche dal governo che ha annunciato oltre £1 miliardo di investimenti pubblici in ricerca AI (es. fondi per AI generativa e supercomputer dedicati). L’Unione Europea nel suo insieme sta aumentando gli sforzi per colmare il gap con USA/Cina: la Commissione ha lanciato il programma InvestAI con un budget di 200 miliardi di euro entro il 2030 per mobilitare investimenti pubblico-privati in AI. Questo programma mira a fare dell’Europa un leader soprattutto nell’AI applicata all’industria, concentrandosi su settori come manifattura avanzata, automotive, robotica, energia e sanità. Paesi europei come Francia e Germania stanno investendo in laboratori di ricerca (es. iniziative su sovranità tecnologica e AI open source), mentre nazioni più piccole (es. Svezia, Estonia, Singapore) investono somme minori in assoluto ma molto elevate in proporzione al PIL. Ad esempio, Singapore è il paese che investe di più in AI rispetto alla propria economia – circa 15,0 $ per ogni 1000 $ di PIL – seguita dalla Svezia con 14,1 $ per 1000 $ di PIL, entrambe in proporzione superiori agli stessi USA.
Al di fuori dell’Occidente, meritano attenzione le strategie di Giappone e India. Il Giappone sta puntando sull’AI per affrontare la sfida dell’invecchiamento demografico: iniziative come Society 5.0 integrano AI, robotica e IoT in tutti gli aspetti della vita, dalla sanità alla mobilità. Il governo giapponese, noto per gli ingenti investimenti in R&S (secondo al mondo), incentiva l’adozione di AI nei servizi pubblici e nell’industria, con aspettative di benefici economici significativi (fino a ¥78 mila miliardi di valore entro il 2030 grazie alla trasformazione digitale). L’India, dal canto suo, sta emergendo come potenza emergente nell’AI: si prevede che il suo mercato AI raggiungerà i 17 miliardi $ entro il 2027, con tassi di crescita annui del 25-35%. Questo è trainato dall’aumento della spesa tech nelle imprese, da un vastissimo bacino di talenti (l’India conta oltre 880 milioni di utenti Internet) e dal fiorire di startup locali focalizzate su soluzioni AI a basso costo. Il governo indiano ha lanciato piattaforme di innovazione (es. centri di eccellenza in AI) e applicazioni su larga scala in settori come agricoltura e sanità pubblica.
In sintesi, USA e Cina guidano la corsa all’AI in termini di capitali investiti e innovazione, seguiti a distanza da UK ed Europa, mentre altre economie come Giappone, India e vari Stati asiatici ed europei ritagliano spazi puntando su applicazioni specifiche o su vantaggi locali. Va notato che questa concentrazione ha implicazioni geopolitiche: 100 aziende – principalmente statunitensi e cinesi – rappresentano il 40% della R&D globale in AI, con USA e Cina che insieme detengono il 60% dei brevetti AI e producono un terzo delle pubblicazioni scientifiche mondiali sul tema. Il rischio è che il divario tecnologico tra chi guida l’AI e i paesi meno avanzati si ampli; per questo investimenti strategici e cooperazione internazionale saranno cruciali per rendere l’AI uno strumento di sviluppo inclusivo.
Impatti dell’AI sulle professioni e sul lavoro
L’adozione crescente dell’AI sta avendo profondi effetti sul mondo del lavoro, in termini sia di automazione di attività esistenti sia di creazione di nuovi ruoli. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, a livello globale fino al 40% dei posti di lavoro potrebbe subire trasformazioni a causa dell’AI nei prossimi anni. Nelle economie avanzate, caratterizzate da maggior uso di tecnologie, si stima che oltre un terzo delle mansioni potrebbe essere automatizzato (almeno in parte) dall’AI. Allo stesso tempo, però, quegli stessi paesi potrebbero trarre beneficio dall’AI per aumentare la produttività: si calcola che il 27% dei lavori nelle economie sviluppate potrebbe essere potenziato dall’AI (in termini di strumenti che aumentano l’efficienza), invece di venire completamente rimpiazzato. Questo indica uno scenario ibrido: l’AI sostituirà alcune attività umane, ma in molti casi affiancherà i lavoratori, automatizzando le componenti ripetitive e lasciando spazio a competenze più avanzate.
Le previsioni globali sul bilancio tra posti persi e creati sono ancora in evoluzione, ma una recente indagine del World Economic Forum ha stimato che entro il 2027 l’AI e altri fattori potrebbero eliminare ~83 milioni di posti di lavoro, creandone ~69 milioni di nuovi. Il saldo previsto sarebbe quindi di circa 14 milioni di posti in meno nel mondo nell’arco di 5 anni. I settori e i ruoli destinati a contrarsi maggiormente sono quelli caratterizzati da compiti manuali o amministrativi ripetitivi, più facilmente automatizzabili. Ad esempio, si prevede la scomparsa di oltre 7,5 milioni di impiegati addetti all’immissione e gestione dati entro il 2027 – il singolo profilo più a rischio in assoluto secondo il WEF. A seguire, troviamo professioni d’ufficio come segretari amministrativi, contabili, sportellisti e cassieri, tutte mansioni in cui gran parte delle attività (inserimento dati, registrazione, transazioni di routine) può essere svolta da software di automazione o assistenti virtuali. Uno studio britannico citato da Forbes indica ad esempio che il 60% delle attività amministrative potrebbe già oggi essere automatizzato con AI e strumenti digitali.
Di contro, l’AI sta generando nuova domanda di lavoro in altri ambiti. Lo stesso rapporto WEF evidenzia come i “ruoli emergenti” più richiesti riguardino competenze legate all’AI e al digitale: specialisti di AI e machine learning, data analyst e data scientist, esperti di trasformazione digitale figurano ai primissimi posti. Entro il 2027 ci si aspetta un +40% di occupati in AI/machine learning, un aumento del 30-35% per analisti di dati e big data, e circa +31% di analisti della sicurezza informatica (cybersecurity), ambito quest’ultimo cresciuto parallelamente alla diffusione dell’AI. Secondo il WEF, queste crescite equivalgono a 2,6 milioni di nuovi posti di lavoro combinati nei settori AI/data/cyber in pochi anni. Inoltre stanno nascendo professioni del tutto nuove: si parla ad esempio di prompt engineer (specialista nel guidare i sistemi AI generativi), di controllori della qualità dell’AI, di esperti in governance algoritmica, ecc.. Si tratta di ruoli impensabili fino a pochi anni fa, ma oggi sempre più aziende cercano figure che sappiano far da tramite tra i modelli di AI e gli obiettivi di business, assicurando che l’AI sia utilizzata in modo efficace e responsabile.
Per sintetizzare questi trend, la tabella seguente contrappone alcuni esempi di professioni in declino e in ascesa a causa dell’AI nei prossimi anni.
Tabella 2 – Esempi di professioni in declino e in crescita (orizzonte 2025-2027)
Professioni in declino (automazione) |
Professioni in ascesa (nuove opportunità) |
---|---|
Data entry / Inserimento dati – circa 7,5 milioni di posti eliminati entro il 2027. È il ruolo più colpito, data la natura ripetitiva (es. digitazione di dati da documenti). |
Specialisti di AI e Machine Learning – domanda prevista +40% entro il 2027. Professionisti che progettano e addestrano algoritmi AI in vari settori. |
Segreteria amministrativa – forte calo previsto nelle mansioni di segreteria e back-office (fino al 46% delle attività d’ufficio potrebbe essere automatizzato). |
Analisti e scienziati dei dati – domanda +30-35%. Figure che analizzano grandi moli di dati e ricavano insight, sempre più centrali nell’era AI. |
Contabilità di base e bookkeeping – l’AI permette di automatizzare registrazioni contabili, report basici e compliance, riducendo il fabbisogno di contabili junior. |
Analisti di sicurezza informatica – domanda +31%. La crescente adozione di AI richiede esperti che proteggano sistemi e dati da nuove minacce informatiche (talvolta generate dall’AI stessa). |
Cassieri e sportellisti (vendita al dettaglio, banche) – adozione di casse automatiche, ATM evoluti e chatbot bancari riduce i ruoli di front-office ripetitivi. |
Ingegneri del prompt & AI trainer – nuovi ruoli dedicati a ottimizzare le “prompt” (istruzioni) per i modelli AI generativi e a curarne i risultati. Ad es., prompt engineer, AI content curator, ecc.. |
Operai manifatturieri non specializzati – robotica e AI industriale possono sostituire fino a 2 milioni di operai in produzione entro il 2025 (soprattutto in attività manuali routinarie). |
Specialisti di trasformazione digitale – l’AI accelera la digitalizzazione; servono manager e consulenti capaci di reingegnerizzare processi aziendali integrando l’AI (ruoli in forte crescita secondo il WEF). |
Vale la pena sottolineare che, sebbene l’AI minacci soprattutto task ripetitivi, non tutti i lavoratori in quei ruoli perderanno il posto in breve. Molte mansioni evolveranno: ad esempio, un impiegato amministrativo potrà dedicarsi a compiti a più alto valore aggiunto (relazioni, decisioni) delegando all’AI la parte meccanica. Formazione e riqualificazione saranno dunque cruciali. Infatti, il 75% dei CEO a livello globale ritiene che l’AI generativa trasformerà significativamente il proprio business nei prossimi 3 anni, rendendo necessarie nuove competenze nel personale. Già 1 CEO su 4 prevede di ridurre oltre il 5% della forza lavoro entro il 2024 a causa dell’AI, mentre parallelamente l’87% delle aziende dichiara di voler investire in formazione AI per i dipendenti.
In molti settori si assiste a questa doppia dinamica di rischio e opportunità. Ad esempio, nell’industria manifatturiera l’automazione avanzata elimina alcune figure operaie ma aumenta la richiesta di tecnici di manutenzione robotica e di ingegneri di processo AI. Nel settore finanziario, l’AI sta automatizzando funzioni di back-office (es. verifica di documenti, valutazione di rischi) ma apre ruoli per data analyst finanziari e sviluppatori di modelli fintech. Nella sanità, l’AI può svolgere compiti diagnostici di base o assistenza virtuale al paziente, liberando tempo ai medici e creando al contempo domanda di specialisti in informatica medica e AI etica. Un’analisi del FMI stima che globalmente il 60% dei lavoratori nei paesi avanzati svolga occupazioni in cui almeno il 25% delle attività è automatizzabile con le tecnologie AI correnti, percentuale che scende al 26% nei paesi in via di sviluppo (dove l’economia è meno digitalizzata). Ciò significa che quasi nessuna professione è del tutto immune all’AI, ma l’impatto varia molto a seconda della natura del lavoro. Creatività, pensiero critico, interazione umana resteranno competenze preziose e difficilmente sostituibili: i lavoratori che sapranno integrarle con l’uso efficace dell’AI saranno probabilmente i più richiesti nel prossimo futuro.
Tendenze e nuove tecnologie AI attese da metà 2025
Guardando al futuro prossimo (maggio–dicembre 2025), gli analisti prevedono ulteriori progressi accelerati sia nello sviluppo di modelli di AI sempre più potenti, sia nella diffusione di strumenti basati su AI in ogni settore. Una delle aspettative maggiori riguarda la prossima generazione di modelli generativi di grande scala: GPT-5 di OpenAI, ad esempio, è molto atteso dalla comunità. OpenAI non ne ha ancora annunciato ufficialmente l’uscita, ma indizi trapelati indicano che GPT-5 potrebbe essere rilasciato intorno alla metà del 2025. Sam Altman (CEO di OpenAI) ha suggerito a febbraio 2025 che il modello era “a poche settimane o mesi” dal completamento, e in effetti OpenAI ha già introdotto una versione intermedia GPT-4.5 in primavera. GPT-5, secondo le speculazioni, potrebbe segnare un ulteriore salto in avanti in capacità di ragionamento, multimodalità e autonomia: ci si aspetta un modello in grado di “unificare potenti capacità di linguaggio con avanzate capacità di ragionamento”, forse dotato di visione e percezione del mondo reale integrate (sulla scia di GPT-4 che già può analizzare immagini). In pratica, le future AI generative potranno vedere, ascoltare e parlare con maggiore naturalezza: già la versione 2024 di ChatGPT ha aggiunto la capacità di navigare sul web, analizzare immagini e mantenere una memoria di contesto più ampia, e GPT-5 dovrebbe spingersi oltre su questi fronti. Un ulteriore ambito di sviluppo sarà quello della memoria a lungo termine dei modelli: OpenAI e altri lavorano su sistemi che consentano agli assistenti AI di ricordare e richiamare informazioni di interazioni passate, diventando più persistenti e personalizzati nel tempo.
Un’altra tendenza chiave attesa entro il 2025 è l’emergere degli AI “agent” autonomi. Si tratta di programmi di AI in grado di eseguire compiti complessi in modo autonomo, orchestrando vari modelli e strumenti software senza intervento umano continuo. Ad oggi prototipi come AutoGPT e agenti simili sono sperimentali, ma società come IBM prevedono che entro fine 2025 vedremo agenti AI pienamente autonomi capaci di gestire progetti dall’inizio alla fine. In pratica, si immagina un futuro a breve termine in cui si potrà assegnare a un agente AI un obiettivo (es. “sviluppa una campagna di marketing” o “progetta questo software”) e l’agente sarà in grado di suddividere il problema, reperire informazioni (navigando il web, interrogando database), usare applicazioni (foglio di calcolo, ambienti di sviluppo) e portare a termine il progetto. Già ora, nel 2025, iniziano ad apparire piattaforme di sviluppo “no-code” per agenti AI – strumenti che permettono di creare flussi di lavoro automatizzati controllati da AI generativa. Si prevede che tali agenti evolveranno e troveranno impiego in settori come il customer service (call center automatici capaci di risolvere problemi complessi), l’analisi finanziaria (agent che monitorano mercati e fanno scattare operazioni) o anche la gestione di sistemi IT (AI DevOps). Questa agentificazione del lavoro potrebbe aumentare drasticamente l’autonomia operativa delle macchine, aprendo anche interrogativi su controllo e sicurezza (agenti completamente autonomi richiederanno robuste salvaguardie per evitare errori o utilizzi dannosi).
Nel periodo restante del 2025 assisteremo con molta probabilità anche al lancio di nuovi modelli AI da parte di altri big del tech. Google, ad esempio, ha in cantiere Gemini, un modello multi-modale di prossima generazione (sviluppato congiuntamente dal team Google Brain e DeepMind) che dovrebbe competere con GPT-4/5. Gemini promette integrazione nativa tra testo e immagini, capacità di ragionamento avanzato e potenziale estensione a input video. Ci si aspetta che Google lo utilizzi per potenziare i suoi prodotti: dal motore di ricerca (Search Generative Experience) fino agli strumenti di produttività (Docs, Gmail con funzioni di AI generativa) e ai servizi cloud offerti alle aziende. Anche Meta (Facebook) continuerà la strategia di apertura dei suoi modelli: dopo aver rilasciato nel 2023 LLaMA 2 (modello linguistico open-source) e modelli generativi per immagini/audio, potrebbe proporre nuove versioni ancora più performanti nel 2025, alimentando l’ecosistema open-source che consente a sviluppatori di tutto il mondo di creare applicazioni AI a costi ridotti. Microsoft dal canto suo integrerà sempre più l’AI nelle piattaforme enterprise: dopo aver lanciato Copilot (assistente AI per la suite Office 365) nell’autunno 2023, estenderà queste funzionalità AI a Windows, Dynamics (CRM/ERP) e probabilmente a nuovi prodotti entro il 2025, grazie anche alla stretta partnership con OpenAI.
L’AI generativa per immagini e video farà passi avanti tangibili. Già oggi esistono modelli in grado di generare brevi video a partire da un prompt di testo, sebbene con qualità ancora grezza. Entro fine 2025 è plausibile l’uscita di strumenti capaci di creare video più lunghi e realistici: pensiamo a contenuti pubblicitari generati dall’AI su misura, oppure videogiochi che utilizzano modelli generativi per creare scenari dinamici. Start-up e gruppi di ricerca stanno lavorando a modelli di text-to-video sempre più efficienti – ad esempio Runway (azienda creatrice di modelli come Gen-2) o progetti di Google e Meta – quindi potremmo vedere versioni beta di questi sistemi in applicazioni creative, con ovvie necessità di regole per evitarne abusi (deepfake). Anche nell’ambito delle immagini l’AI evolverà: nuovi modelli text-to-image già in arrivo (Stable Diffusion XL, DALL-E 3, ecc.) offrono risoluzioni e fedeltà maggiori. Questo trend democratizzerà ulteriormente la creazione di contenuti (grafica, design, arte) ma solleva sfide di tutela del copyright e verifica dell’autenticità delle immagini, temi che nel corso del 2025 diventeranno centrali nel dibattito pubblico.
Parallelamente al software, continuerà la corsa nell’hardware per l’AI. Le esigenze di addestramento di modelli sempre più grandi stanno spingendo al limite le attuali infrastrutture: aziende come NVIDIA, AMD, Intel e startup specializzate (Graphcore, Cerebras, SambaNova) sono al lavoro su una nuova generazione di chip e acceleratori AI. Nel periodo 2025-2026 arriveranno sul mercato GPU e ASIC ancora più potenti degli attuali (ad esempio successori dell’NVIDIA H100), con architetture ottimizzate per gestire trilioni di parametri. Questo sarà fondamentale per sostenere i modelli di prossima generazione, ma anche per migliorare l’efficienza energetica: oggi addestrare un modello di grandi dimensioni può costare milioni di dollari in elettricità e cloud computing. Ci si aspetta quindi hardware più efficiente e anche nuove soluzioni come il calcolo quantistico applicato all’AI (diversi player, tra cui Google e IBM, puntano a prototipi di quantum machine learning entro pochi anni, anche se l’impatto concreto difficilmente arriverà già nel 2025). Inoltre, assisteremo a progressi nell’AI “on the edge”, cioè eseguita sui dispositivi locali: i nuovi smartphone, computer e visori AR/VR in uscita integreranno coprocessori AI in grado di far girare modelli di visione e linguaggio direttamente sul device, senza necessità di cloud. Apple, ad esempio, sta investendo in chip Neural Engine sempre più avanzati; Qualcomm e altri forniranno soluzioni per portare funzionalità di computer vision in auto, droni e apparecchi IoT. Questo consentirà applicazioni AI in tempo reale (es. assistenti vocali che funzionano offline, occhiali AR con riconoscimento visivo istantaneo) e aiuterà a risolvere problemi di privacy (elaborazione dati sensibili in locale anziché inviarli a server remoti).
Infine, una parte importante delle novità nel 2025 riguarderà il quadro normativo e l’AI responsabile. Entro fine anno, l’Unione Europea potrebbe finalizzare l’AI Act, prima ampia regolamentazione al mondo sull’intelligenza artificiale, influenzando come i nuovi strumenti verranno lanciati sul mercato (classificazione dei rischi, requisiti di trasparenza, ecc.). Negli USA e in Cina si discutono linee guida e standard industriali per l’uso sicuro dell’AI, ad esempio in ambito sanitario e automobilistico (veicoli autonomi). Molte delle tecnologie attese – dai modelli generativi multimodali agli agenti autonomi – sollevano questioni etiche (bias nei dati, decisioni autonome potenzialmente dannose, uso bellico dell’AI). Ci si può aspettare quindi, assieme al boom di nuovi tool, anche un’attenzione crescente a certificazioni, audit algoritmici e sistemi di “AI governance” per assicurare che l’adozione rimanga benefica e sotto controllo umano.
Aziende e start-up da tenere d’occhio
L’ecosistema delle aziende AI è in rapidissima evoluzione: accanto ai colossi tecnologici affermati, emergono continuamente nuove start-up con idee innovative. Di seguito elenchiamo alcune delle aziende più promettenti o influenti nel panorama AI attuale, da monitorare per il loro potenziale di crescita, innovazione e progetti in corso.
Dunque, il 2025 si prospetta un anno di ulteriore consolidamento dell’AI a livello globale. Gli investimenti miliardari degli ultimi anni stanno maturando in prodotti e servizi che entreranno nella quotidianità di aziende e cittadini. I numeri in crescita (miliardi investiti, aziende coinvolte, adozione nelle organizzazioni) mostrano un panorama estremamente dinamico. Gli Stati Uniti guidano la partita economica e tecnologica, seguiti dalla Cina e, a distanza, da altri attori, mentre a livello settoriale l’AI permea dall’IT alla manifattura, dalla difesa alla sanità. Le professioni si stanno adattando all’era dell’AI: alcuni task vengono automatizzati, ma emergono opportunità di lavoro più qualificato complementari alle macchine intelligenti. Entro fine 2025 possiamo attenderci nuove potenti piattaforme AI (come modelli generativi di nuova generazione e agenti autonomi) e una diffusione capillare di strumenti AI “quotidiani” (assistenti integrati, funzioni smart in ogni software). Al contempo, cresce la consapevolezza delle sfide: dalla regolamentazione agli impatti socio-economici, fino alla competizione geopolitica per la supremazia nell’AI. Sarà fondamentale tenere d’occhio non solo i dati di investimento, ma come questi investimenti verranno trasformati in innovazione responsabile e valore reale per la società.
Fonti: Il report è stato realizzato con la ricerca profonda di ChatGPT intercettando dati e informazioni di autorevoli fonti internazionali, tra cui Stanford University (AI Index 2025), World Economic Forum, UNCTAD, analisi Crunchbase, nonché articoli e comunicati di organizzazioni governative e aziende del settore. Le cifre sugli investimenti e le previsioni di mercato provengono dai suddetti rapporti. Le tendenze descritte riflettono il consenso degli esperti al maggio 2025.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Psicologia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale