rivista di opinione, ricerca e studi filosofici
rivista di opinione, ricerca e studi filosofici

La scala verso il cielo non si compra

Una lettura esoterica di Stairway to Heaven

di Francesco Pungitore*

 

Negli anni Settanta, mentre le piazze ribollivano di rivoluzioni culturali e politiche, un'altra rivoluzione silenziosa si stava compiendo nelle menti e nei cuori di milioni di giovani: quella del rock come porta d’accesso al mistero, alla spiritualità, all’oltre. Non era solo musica. Era una chiamata. Un invito, spesso criptico, a varcare i confini del visibile per inoltrarsi nei territori inesplorati della coscienza.

I grandi gruppi dell’epoca – dai Pink Floyd ai Genesis, dai Doors fino ai Led Zeppelin – non si accontentavano di suonare. Cercavano. Indagavano. Erano alchimisti elettrici, sciamani con la chitarra, filosofi dell’amplificatore. E la loro musica, intrisa di riferimenti alla mitologia, all’esoterismo, alle religioni orientali, diventava il medium per una nuova forma di conoscenza: sincretica, visionaria, alternativa.

In quel decennio, si consolidò un filone che potremmo definire psichedelia esoterica: un rock che non puntava solo a intrattenere, ma ad aprire le porte della percezione, per dirla con Aldous Huxley. L’ascoltatore non era più un semplice spettatore, ma un iniziato potenziale. L’esperienza musicale diventava rito, viaggio, esplorazione dell’interiorità.

In questo contesto si inserisce Stairway to Heaven, brano-simbolo dei Led Zeppelin e manifesto di quella tensione spirituale che animava molte produzioni rock dell’epoca. Più che una canzone, una parabola. Un testo stratificato, in cui convergono elementi alchemici, richiami alla tradizione cabalistica e all’occultismo occidentale, suggestioni filosofiche e mistiche. Una scala, non solo musicale, ma simbolica, che promette l’ascesa – ma solo a chi è disposto a guardare oltre l’illusione.

Ecco perché, ancora oggi, leggere Stairway to Heaven non significa solo analizzare un brano musicale. Significa risalire una corrente culturale che ha segnato una generazione: quella che nel rock non cercava solo ritmo e ribellione, ma risposte. E, forse, anche un po’ di verità.

Stairway to Heaven dei Led Zeppelin è un pezzo iconico. Uscito nel 1971, non è solo una ballata rock, ma un testo intriso di simbolismi. Sotto la superficie di parole enigmatiche, si cela una vera e propria allegoria esoterica: il viaggio dell’anima dalla materia allo spirito.

La canzone si apre con una figura femminile enigmatica: “There’s a lady who’s sure all that glitters is gold / And she’s buying a stairway to heaven.”

“C’è una signora che è convinta che tutto ciò che luccica sia oro / E sta comprando una scala per il paradiso.”

Questa donna rappresenta l’anima ancora prigioniera dell’illusione, convinta che il successo, la ricchezza o l’apparenza siano strumenti sufficienti per raggiungere la salvezza o l’illuminazione. Ma la “scala per il cielo” non si compra: è il frutto di un percorso interiore, non di beni materiali.

Più avanti, il testo suggerisce una via alternativa: “When she gets there she knows, if the stores are all closed / With a word she can get what she came for.”

“Quando arriverà lì sa, se i negozi saranno chiusi / Che con una parola potrà ottenere ciò per cui è venuta.”

Qui emerge il potere del verbo, della parola come chiave spirituale. È un richiamo al Logos, alla forza creativa del linguaggio sacro, capace di aprire le porte della conoscenza interiore.

La riflessione si approfondisce: “There’s a sign on the wall but she wants to be sure / ’Cause you know sometimes words have two meanings.”

“C’è un segno sul muro, ma lei vuole esserne certa / Perché sai che a volte le parole hanno due significati.”

La doppiezza del linguaggio è centrale nelle tradizioni esoteriche. I simboli parlano a più livelli, e solo chi è pronto spiritualmente può coglierne il senso nascosto. Il “segno sul muro” è la realtà che ci circonda: apparentemente neutra, ma densa di messaggi per chi sa leggerli.

Altro simbolo potente: “In a tree by the brook, there’s a songbird who sings / Sometimes all of our thoughts are misgiven.” “Su un albero vicino al ruscello, c’è un uccellino che canta / A volte tutti i nostri pensieri sono pieni di dubbi.”

L’albero e il ruscello sono archetipi di vita e conoscenza. Il canto dell’uccello è la voce dell’intuizione, mentre il dubbio è la porta dell’evoluzione spirituale: chi dubita, cerca; chi cerca, cresce.

Il verso: “And it’s whispered that soon, if we all call the tune / Then the piper will lead us to reason.” “E si mormora che presto, se tutti suoniamo la melodia / Il pifferaio ci condurrà alla ragione.”

Il pifferaio è una figura misteriosa. Può essere il maestro spirituale che guida verso la verità, o l’ingannatore che porta alla rovina. Tutto dipende dall’intenzione con cui lo si segue. È la scelta tra via della luce e via dell’illusione. Nel verso “Then the piper will lead us to reason” di Stairway to Heaven, il pifferaio assume, dunque, un ruolo misterioso e ambivalente. È guida e tentatore, può condurre alla verità o alla perdizione, a seconda dell’intento di chi lo segue. Questa figura archetipica, radicata nelle leggende europee (su tutte, quella del Pifferaio di Hamelin), torna in modo sorprendente anche nell’opera prima dei Pink Floyd, The Piper at the Gates of Dawn (1967), album visionario firmato da un altro spirito inquieto e poetico: Syd Barrett.

Il titolo stesso dell’album è tratto dal settimo capitolo del romanzo The Wind in the Willows di Kenneth Grahame, in cui il pifferaio è Pan, divinità antica, spirito della natura e mediatore tra il mondo terreno e quello soprannaturale. È il guardiano di una soglia: quella dell’alba, momento simbolico di transizione tra il buio e la luce, tra inconscio e coscienza.

Come nei Led Zeppelin, anche per i primi Pink Floyd il pifferaio rappresenta il potere del suono come veicolo per accedere a dimensioni altre. Ma se in Stairway to Heaven il pifferaio è sussurrato, evocato come figura iniziatica, nei Floyd di Barrett è già presenza viva, sonora, quasi giocosa, anche se venata di inquietudine. Il suo flauto non promette redenzione o logica (reason), ma estasi, perdita del sé, abbandono all’inconscio cosmico.

C’è dunque un interessante parallelismo simbolico: il pifferaio, in entrambi i casi, non è mai solo ciò che appare. È maschera, soglia, prova. È la voce che ti chiama oltre, ma senza garanzie. Il rischio è alto, perché seguire il pifferaio significa entrare in un territorio ignoto. Ma è proprio lì che – come suggeriscono tanto i Led Zeppelin quanto i Pink Floyd – può iniziare la vera trasformazione.

E forse, a ben vedere, il pifferaio del rock non ha mai smesso di suonare. Sta a noi decidere se ascoltarlo, e con quale intenzione seguirlo.

Tornando a Stairway to Heaven il tema del bivio è espresso chiaramente: “Yes, there are two paths you can go by / But in the long run / There’s still time to change the road you’re on.”

“Sì, ci sono due strade che puoi seguire / Ma a lungo andare / C’è ancora tempo per cambiare quella su cui ti trovi.”

È un invito alla responsabilità individuale. Anche chi ha seguito la strada sbagliata può redimersi. La libertà spirituale non è mai del tutto perduta.

Il passaggio più inquietante arriva alla fine: “And as we wind on down the road / Our shadows taller than our soul.”

“E mentre continuiamo a scendere per la strada / Le nostre ombre sono più grandi della nostra anima.”

È il momento del confronto con la propria ombra, l’insieme delle parti nascoste, rimosse, dell’Io. Solo attraversando questa oscurità si può accedere alla piena consapevolezza.

La canzone si chiude con il verso iniziale: “And she’s buying a stairway to heaven.”
“E sta comprando una scala per il paradiso.”

Ma ora suona diverso. È un ritorno amaro, forse ironico: la protagonista non ha compreso che il paradiso non è in vendita. È dentro di noi, e si raggiunge solo attraverso un cammino interiore, lento, profondo, personale. [24.03.2025]

 

*giornalista e docente di Filosofia

Stampa | Mappa del sito
© 2015 - Essere & Pensiero - Testata giornalistica online ai sensi dell'art. 3-bis del d.l. 63/2012 sull'editoria convertito in legge n. 103/2012 - Direttore Responsabile: Francesco Pungitore