di Francesco Pungitore*
L'ansia, emozione primaria intrinsecamente legata alla sfera della
sopravvivenza, rappresenta un meccanismo di allarme complesso e finemente regolato, sviluppatosi nel corso dell'evoluzione per consentire all'individuo di fronteggiare stimoli ambientali
potenzialmente minacciosi. La sua manifestazione si articola su una triplice dimensione.
- Fisiologica: attivazione del sistema nervoso autonomo, con aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della sudorazione e
della tensione muscolare. Tali modificazioni fisiologiche preparano l'organismo alla reazione di “attacco o fuga”, consentendo una risposta rapida ed efficace di fronte al
pericolo.
- Cognitiva: caratterizzata da ipervigilanza, ovvero un'attenzione selettiva rivolta ai segnali di pericolo, e da distorsioni cognitive, come
la catastrofizzazione (sovrastima della probabilità e delle conseguenze negative di un evento) e la personalizzazione (attribuzione a sé stessi della responsabilità di eventi
negativi).
- Comportamentale: si manifesta con comportamenti di evitamento (elusione delle situazioni temute) e di fuga (allontanamento dalla situazione
ansiogena una volta che si è manifestata).
Tuttavia, quando l'intensità e la frequenza della risposta ansiosa
risultano sproporzionate rispetto al reale pericolo o persistono in assenza di una minaccia oggettiva, si configura un quadro psicopatologico definito “disturbo d'ansia”.
Ansia fisiologica vs. ansia
patologica
Discriminare tra ansia fisiologica e ansia patologica rappresenta una
sfida cruciale per il clinico. L'ansia fisiologica, adattiva per definizione, si caratterizza per alcuni tratti distintivi.
- Transitorietà: ha una durata limitata nel tempo, correlata alla presenza dello stimolo elicitante.
- Proporzionalità: l'intensità della risposta ansiosa è proporzionale all'entità della minaccia percepita.
- Funzionalità: l'ansia fisiologica svolge una funzione protettiva, motivando l'individuo ad agire per fronteggiare la situazione
problematica.
- Remissione spontanea: tende a scomparire una volta che la minaccia è cessata o sono state messe in atto strategie di coping efficaci.
Al contrario, l'ansia patologica presenta precise
caratteristiche.
- Intensità eccessiva: la risposta ansiosa è sproporzionata rispetto allo stimolo che l'ha provocata.
- Persistenza: l'ansia si protrae nel tempo anche in assenza di una reale minaccia, interferendo significativamente con la vita quotidiana
dell'individuo.
- Disfunzionalità: l'ansia patologica, lungi dall'essere protettiva, limita le capacità dell'individuo di affrontare le sfide della vita,
compromettendo il suo funzionamento globale.
- Compromissione significativa:
l'ansia patologica si associa a una marcata sofferenza soggettiva e a una compromissione significativa del
funzionamento sociale, lavorativo, relazionale e personale.
I disturbi d’ansia nel DSM-5
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta
edizione (DSM-5), propone una classificazione nosografica dei disturbi d'ansia, individuando criteri diagnostici specifici per ciascuna entità clinica.
- Disturbo d'Ansia Generalizzata (DAG):
l'individuo sperimenta ansia e preoccupazione eccessive e pervasive, relative a una vasta gamma di eventi e attività
(es. prestazioni lavorative, salute propria e dei familiari, piccoli eventi quotidiani). Questa condizione di apprensione persistente si associa a sintomi somatici quali irrequietezza,
affaticabilità, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione muscolare, disturbi del sonno e irrequietezza.
- Disturbo di panico: caratterizzato da attacchi di panico ricorrenti e inaspettati, che insorgono improvvisamente e raggiungono il picco di intensità
entro pochi minuti. Durante l'attacco di panico, l'individuo sperimenta una serie di sintomi fisici (palpitazioni, sudorazione, tremori, dispnea, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea,
vertigini, brividi o vampate di calore) e cognitivi (paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire). Gli attacchi di panico sono spesso seguiti da un periodo di intensa preoccupazione per
la possibilità di avere nuovi attacchi e per le loro possibili conseguenze.
- Agorafobia: diagnosi a sé stante nel DSM-5, si manifesta con paura o ansia marcate relative a situazioni come l'utilizzo dei trasporti
pubblici, gli spazi aperti (piazze, parcheggi), i luoghi chiusi (negozi, cinema), la folla o il trovarsi fuori casa da soli. La paura è legata all'apprensione di non poter fuggire o di non poter
ricevere aiuto in caso di sintomi ansiosi o di altri sintomi invalidanti (es. svenimento, vomito, incontinenza). Le situazioni agorafobiche vengono evitate o sopportate con intensa ansia e
disagio.
- Fobia specifica: l'elemento centrale è la paura o l'ansia marcate per uno specifico oggetto o situazione. Le fobie specifiche vengono classificate
in cinque sottotipi: animali (es. ragni, serpenti, cani), ambiente naturale (es. altezze, temporali, acqua), sangue-iniezioni-ferite (es. vista del sangue, ricevere un'iniezione, assistere a un
intervento chirurgico), situazionale (es. volare, ascensori, tunnel) e altro (es. soffocare, vomitare, contrarre una malattia). L'esposizione allo stimolo fobico evoca invariabilmente una risposta
ansiosa immediata, che può arrivare all'attacco di panico. L'oggetto o la situazione fobica vengono evitati o sopportati con intensa ansia e disagio.
- Disturbo d’ansia sociale: noto anche come “fobia sociale”, si caratterizza per paura o ansia marcate relative a situazioni sociali in cui l'individuo è
esposto al possibile giudizio degli altri (es. interazioni sociali, parlare in pubblico, mangiare o bere in presenza di altre persone). La preoccupazione centrale riguarda la possibilità di agire in
modo imbarazzante o umiliante, con conseguente rifiuto o giudizio negativo da parte degli altri. Le situazioni sociali temute vengono evitate o sopportate con intensa ansia e
disagio.
Oltre il DSM-5: altre manifestazioni clinicamente
rilevanti
Oltre ai disturbi d'ansia sopra descritti, il DSM-5 include altre
condizioni cliniche in cui l'ansia rappresenta un sintomo prominente:
- Disturbo d’ansia da separazione:
caratterizzato da ansia eccessiva e inappropriata rispetto al livello di sviluppo, concernete la separazione da casa o
dalle figure di attaccamento.
- Mutismo selettivo: l'incapacità di parlare in specifiche situazioni sociali in cui ci si aspetta che si parli (es. a scuola), nonostante la capacità
di parlare in altre situazioni.
- Disturbo d’ansia indotto da
sostanze/farmaci: l'ansia è una conseguenza fisiologica diretta dell'uso di una sostanza (es.
alcol, cannabis, cocaina) o dell'assunzione di un farmaco.
- Disturbo d’ansia dovuto a un’altra condizione
medica: l'ansia è una conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale (es.
ipertiroidismo, ipoglicemia, tumori cerebrali).
Fattori di rischio per lo sviluppo dei disturbi
d'ansia
Lo sviluppo dei disturbi d'ansia è il risultato di una complessa
interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali. Comprendere questi fattori di rischio è fondamentale per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento efficace dei
disturbi d'ansia.
1. Predisposizione genetica
La ricerca ha dimostrato che esiste una componente genetica
significativa nei disturbi d'ansia. Studi su gemelli e famiglie hanno evidenziato che:
- il rischio di sviluppare un disturbo d'ansia è maggiore se un parente di primo grado
ne soffre;
- la concordanza per i disturbi d'ansia è più alta tra gemelli monozigoti rispetto ai
gemelli dizigoti;
- specifici polimorfismi genetici sono stati associati a un aumento del rischio di
disturbi d'ansia, in particolare quelli coinvolti nella regolazione dei neurotrasmettitori come la serotonina e il GABA.
Tuttavia, è importante sottolineare che la predisposizione genetica
non determina necessariamente lo sviluppo di un disturbo d'ansia, ma piuttosto aumenta la vulnerabilità dell'individuo.
2. Esperienze traumatiche
Le esperienze traumatiche, soprattutto durante l'infanzia e
l'adolescenza, possono significativamente aumentare il rischio di sviluppare disturbi d'ansia. Queste possono includere:
- abusi fisici, emotivi o sessuali;
- perdita di una figura di attaccamento;
- incidenti o disastri naturali;
- bullismo o emarginazione sociale.
Il trauma può alterare la risposta allo stress dell'individuo,
portando a una maggiore reattività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e a una disregolazione del sistema nervoso autonomo.
3. Stress cronico
L'esposizione prolungata a situazioni di stress può aumentare la
vulnerabilità ai disturbi d'ansia. Lo stress cronico può derivare da:
- pressioni lavorative o accademiche persistenti
- difficoltà finanziarie prolungate
- relazioni interpersonali problematiche
- condizioni mediche croniche
Lo stress cronico può portare a cambiamenti neurobiologici, come
l'iperattività dell'amigdala e alterazioni nella regolazione del cortisolo, che possono predisporre l'individuo all'ansia patologica.
4. Fattori ambientali
L'ambiente in cui una persona cresce e vive può influenzare
significativamente il rischio di sviluppare disturbi d'ansia. Alcuni fattori ambientali rilevanti includono:
- stile genitoriale - Genitori iperprotettivi o eccessivamente critici possono
involontariamente promuovere comportamenti ansiosi nei loro figli;
- modellamento sociale - L'osservazione e l'imitazione di comportamenti ansiosi in
figure significative (genitori, insegnanti, pari) può influenzare lo sviluppo di pattern ansiosi;
- esposizione a eventi stressanti - Vivere in aree ad alto tasso di criminalità o
instabilità politica può aumentare il rischio di ansia;
- fattori socioeconomici - La povertà e la mancanza di accesso a risorse possono
contribuire allo sviluppo di disturbi d'ansia.
5. Fattori di personalità
Alcuni tratti di personalità sono stati associati a un maggior rischio
di sviluppare disturbi d'ansia.
- Nevroticismo: una tendenza generale all'instabilità emotiva e alla reattività allo stress.
- Inibizione comportamentale: una propensione alla timidezza e al ritiro in situazioni nuove o incerte.
- Perfezionismo: standard personali eccessivamente elevati e autocritica possono contribuire all'ansia.
6. Fattori biologici
Oltre alla genetica, altri fattori biologici possono influenzare il
rischio di disturbi d'ansia.
- Squilibri neurotrasmettitoriali: alterazioni nei livelli di serotonina, noradrenalina e GABA sono stati implicati nei disturbi d'ansia.
- Disfunzioni dell'asse HPA: una risposta abnorme allo stress a livello endocrino può aumentare la vulnerabilità all'ansia.
- Anomalie strutturali o funzionali del cervello:
alterazioni in aree come l'amigdala, l'ippocampo e la corteccia prefrontale sono state associate ai disturbi
d'ansia.
La comprensione dei fattori di rischio per i disturbi d'ansia è
cruciale per lo sviluppo di strategie di prevenzione e intervento precoce. È importante notare che la presenza di uno o più fattori di rischio non determina necessariamente lo sviluppo di un disturbo
d'ansia, ma aumenta la probabilità che ciò accada. Un approccio olistico che tenga conto dell'interazione tra questi vari fattori è essenziale per una comprensione completa e un trattamento efficace
dei disturbi d'ansia.
Trattamento dei disturbi d'ansia
L'approccio terapeutico ai disturbi d'ansia si basa su un modello
multimodale, che integra interventi psicoterapeutici e farmacologici, modulati in base alle esigenze specifiche del singolo paziente.
- Psicoterapia: la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) rappresenta il trattamento d'elezione per la maggior parte dei disturbi d'ansia,
attraverso un’ampia gamma di tecniche.
Identificare e modificare i pensieri disfunzionali: la
ristrutturazione cognitiva aiuta il paziente a riconoscere e modificare le distorsioni cognitive che alimentano l'ansia.
Ridurre i comportamenti di evitamento: l'esposizione graduale
agli stimoli ansiogeni, reale o immaginativa, favorisce l'estinzione della risposta ansiosa attraverso l'abituazione.
Acquisire tecniche di rilassamento: strategie di gestione
dell'ansia (es. rilassamento muscolare progressivo, training autogeno, tecniche di respirazione) aiutano il paziente a controllare l'attivazione fisiologica.
Migliorare le abilità di coping: sviluppare strategie di
problem-solving e di gestione dello stress aumenta la capacità del paziente di affrontare le situazioni problematiche in modo efficace.
- Farmacoterapia: i farmaci ansiolitici (benzodiazepine) e antidepressivi (SSRI, SNRI) possono essere utilizzati in associazione alla psicoterapia
per ridurre i sintomi ansiosi, soprattutto nelle fasi acute del disturbo. Tuttavia, è fondamentale un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio, considerando i possibili effetti collaterali
e il rischio di dipendenza.
Conclusioni
L'ansia, sebbene rappresenti un'emozione fisiologica con un importante
ruolo adattivo, può assumere connotazioni patologiche, compromettendo significativamente il benessere e la qualità di vita dell'individuo. La diagnosi accurata, basata sui criteri del DSM-5 e
integrata da un'approfondita valutazione clinica, consente di individuare la specifica configurazione sintomatologica e di elaborare un piano di trattamento personalizzato, che integri interventi
psicoterapeutici e farmacologici evidence-based. L'obiettivo del trattamento non è l'eliminazione dell'ansia, bensì il ripristino di un equilibrio funzionale, che consenta alla
persona di vivere serenamente le sfide della vita quotidiana.
Bibliografia
- American Psychiatric Association. (2013). Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5). Raffaello Cortina Editore.
- Barlow, D.H. (2002). Anxiety and its disorders (2nd ed.).
Guilford Press.
- Beck, A.T., & Emery, G. (2005). L'ansia e i disturbi
d'ansia. Erickson.
- Clark, D.A., & Beck, A.T. (2011). Cognitive therapy of
anxiety disorders: Science and practice. Guilford Press.
- Craske, M.G., & Barlow, D.H. (2006). Mastery of your anxiety
and panic (MAP): Workbook. Oxford University Press.
*docente di Filosofia, Storia, Psicologia, Scienze Umane e
Tecniche di Comunicazione con perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale