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Il divario Nord-Sud persiste: l'occupazione in Italia tra luci e ombre

La Questione Meridionale rimane una sfida aperta per il Paese

di Francesco Pungitore*

 

Un recente rapporto Istat evidenzia come il divario tra Nord e Sud del Paese continui, anche nel 2023, a essere motivo di forte preoccupazione. I dati mostrano che, sebbene il Nord registri tassi di occupazione ben al di sopra della media nazionale, le regioni meridionali continuano a soffrire di una situazione lavorativa molto più precaria. La differenza tra la percentuale massima di occupazione (79,2% in Provincia autonoma di Bolzano) e quella minima (46,2% in Sicilia) suona un campanello d'allarme per il futuro del Mezzogiorno.

Il divario tra le regioni si riflette anche nella parità di genere sul lavoro, con una presenza femminile molto più bassa nelle regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali e centrali. Questa situazione porta a un circolo vizioso in cui il Sud si impoverisce ulteriormente a causa della mancanza di opportunità lavorative e dello spopolamento demografico.

 

Questione Meridionale, una vicenda complessa

Il divario tra Nord e Sud Italia affonda le sue radici in una lunga storia di cause socio-economiche e politiche. Sin dall'Unità d'Italia, il Mezzogiorno ha dovuto confrontarsi con problemi strutturali complessi, dal latifondismo a una diffusa economia agricola arretrata, dalla inanità della propria classe dirigente locale alle politiche del nuovo Stato unitario orientate a favorire il tessuto produttivo settentrionale, che hanno contribuito a un divario sempre più ampio tra le due aree del Paese. È innegabile che alcuni aspetti delle politiche adottate a partire dal 1861 abbiano avuto un impatto maggiore sulle aree settentrionali rispetto a quelle meridionali, contribuendo a favorire l'industrializzazione del Nord a discapito del Mezzogiorno.

Uno degli elementi chiave che ha influenzato questo processo è stata la scelta di adottare il cosiddetto “modello liberista” o “libero scambio” come base per la politica economica del nuovo Stato italiano. Questo modello, ispirato all'economia inglese dell'epoca, promuoveva la libera concorrenza e l'apertura dei mercati, favorendo così le aree più sviluppate e industrializzate del Paese, principalmente nel Nord.

Le regioni settentrionali, infatti, avevano già un tessuto industriale più avanzato rispetto al Sud, grazie alla presenza di infrastrutture, imprenditori e manodopera qualificata. Pertanto, le politiche di libero scambio e la mancanza di protezione per le industrie nascenti hanno favorito ulteriormente lo sviluppo industriale del Nord, mentre il Mezzogiorno, con un'economia prevalentemente agricola e arretrata, ha avuto difficoltà a competere e adattarsi alle nuove condizioni di mercato.

Inoltre, la politica fiscale adottata dal governo post-unitario ha gravato sulle regioni meridionali. Ad esempio, la tassa sul macinato, che colpiva i produttori di grano, ha avuto un impatto negativo sull'economia rurale del Sud. Allo stesso tempo, la spesa pubblica e gli investimenti in infrastrutture e servizi erano spesso orientati verso le regioni settentrionali. Nel corso del tempo, sono stati, comunque, effettuati numerosi tentativi per ridurre il divario tra Nord e Sud.

  1. La Cassa del Mezzogiorno, istituita nel 1950, è stata un'istituzione governativa creata proprio con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno attraverso investimenti in infrastrutture, formazione e settori produttivi. Tuttavia, questi interventi spesso si sono rivelati inefficaci a causa della cattiva gestione delle risorse e della mancanza di una strategia di sviluppo a lungo termine.
  2. I piani di industrializzazione avviati a partire dagli anni '50 e '60 hanno portato alla creazione di poli industriali in alcune aree del Sud, ma non sono riusciti a risolvere le questioni strutturali e a garantire uno sviluppo equilibrato, generando, peraltro, emergenze ambientali tuttora irrisolte (Pertusola, ex Ilva ecc.).
  3. Negli anni '50 e '60, il governo ha anche adottato una strategia di “investimenti a pioggia”, ovvero il finanziamento di numerosi progetti di sviluppo in diverse aree del Mezzogiorno, senza una chiara visione strategica o un focus specifico. Sebbene alcuni di questi investimenti abbiano contribuito alla creazione di infrastrutture e all'industrializzazione di alcune aree, la mancanza di una pianificazione a lungo termine e di una strategia coerente ha spesso portato a sprechi di risorse e a risultati limitati.
  4. Infine, si ricorda la “famosa” Legge 488 del 1992 che è stata una delle principali misure adottate per incentivare gli investimenti privati nel Mezzogiorno. La legge prevedeva agevolazioni fiscali, sgravi contributivi e sovvenzioni per le imprese che investivano in aree depresse, in particolare nel Sud. Tuttavia, anche questa iniziativa ha avuto un impatto limitato nel ridurre il divario tra Nord e Sud, in parte a causa di problemi di burocrazia, corruzione e inefficienza nella gestione dei fondi.

 

Conclusioni: priorità al lavoro

La situazione attuale, come dimostrano i dati Istat, testimonia il fallimento delle azioni condotte in passato per ridurre il divario tra Nord e Sud, e la Questione Meridionale rimane un nodo cruciale per il Paese. Tuttavia, è importante riconoscere che le cause di questo fallimento sono molteplici e coinvolgono sia la classe politica e dirigente meridionale, che ha una quota di responsabilità nella gestione delle risorse e nella promozione dello sviluppo locale, sia le politiche nazionali, che dal 1861 in poi hanno spesso penalizzato il Sud.

Nonostante ciò, piangere sul latte versato non porterà a soluzioni concrete per affrontare la Questione Meridionale. È fondamentale, invece, concentrarsi sull'adozione di misure efficaci e piani di investimento mirati a incrementare l'occupazione e stimolare lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno. La creazione di lavoro al Sud deve diventare una priorità nazionale nei prossimi anni, coinvolgendo sia il governo centrale, che deve elaborare politiche e strategie adeguate, sia le istituzioni e gli attori locali, che hanno il compito di garantire una gestione efficiente e trasparente delle risorse e un'efficace attuazione dei progetti.

Inoltre, è fondamentale promuovere un approccio integrato e a lungo termine che tenga conto delle specificità del Mezzogiorno e valorizzi le sue risorse e potenzialità, attraverso interventi mirati nel campo dell'infrastruttura, dell'istruzione, dell'innovazione e dell'imprenditorialità. Solo un impegno congiunto e coordinato delle istituzioni e della società civile, a livello nazionale e locale, potrà contribuire a superare il divario tra Nord e Sud e garantire un futuro di prosperità e coesione per l'intero Paese.

 

*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale

 

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