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Malati di Dad, quattordici mesi dopo

Quasi due interi anni scolastici di didattica a distanza lasciano il segno. Per molti negativo

Malati di Dad. Quattordici mesi dopo il primo lockdown, bambini e adolescenti italiani pagano il conto. In termini di anni scolastici sono quasi due di didattica a distanza, davanti a uno schermo, tra cellulari e computer. Un metodo inizialmente dettato dall'emergenza che ha anche evidenziato le forti capacità di reazione e adattamento di docenti e studenti. Ma che, prolungato troppo a lungo nel tempo, ha lasciato inevitabilmente il segno. In larga parte negativo.

Gli ultimi sempre più lontani
Sicuramente non possono considerarlo un periodo positivo i cosiddetti “bisogni educativi speciali” cioè chi già manifestava difficoltà nell’apprendimento e nell’organizzazione dello studio. Per quei ragazzi, il divario è cresciuto. Il terreno da recuperare è aumentato. Una recente indagine statistica condotta da Ipsos per “Save the Children” (intitolata “I giovani ai tempi del Coronavirus”) segnala a questo proposito dati allarmanti. Su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni, più di uno su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). 

Scoraggiati, depressi
E poi l'impatto psicologico. A tratti devastante. Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un vortice di sensazioni negative di cui, peraltro, parlano poco senza condividere i loro sentimenti con nessuno (22%). Ai ragazzi mancano poi il senso di appartenenza, l’empatia, la fiducia, la collaborazione, la competizione che si creano in classe, aspetti fondamentali di crescita, e che la Dad, ovviamente, non riesce a simulare. La stessa indagine Ipsos evidenzia come i giovani si sentano esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona l’incapacità degli adulti nella gestione della pandemia.

Quando il futuro è senza speranza
Stanchezza, incertezza e preoccupazione sono, quindi, i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, insieme a disorientamento, apatia, tristezza e solitudine. E guardando al futuro, solo uno su quattro pensa che “tornerà tutto come prima”. Insomma, il futuro viene visto senza speranza. Non senza conseguenze sulla salute mentale dei ragazzi. Sono in tanti, psichiatri e psicologi, a lanciare l'allarme depressione. Spada di Damocle che pende su un numero impressionante di adolescenti. Uno studio dell'associazione di psicologi “Donne e qualità della vita” che ha raccolto le segnalazioni di oltre 600 studenti tra 12 e 19 anni ha indicato in particolare nelle ragazze i soggetti a rischio con più sintomi depressivi che sfiorano il 68% dei casi.

In fuga dalla scuola
Un ulteriore fenomeno sempre presente nella scuola, ma che la pandemia ha acuito, è la dispersione scolastica. Una ricerca della “Comunità di Sant'Egidio” rileva come oggi un minore su quattro sia considerato a rischio dispersione. Circa il 25% come dato su base nazionale che diventa uno su tre al Sud Italia, dove la situazione è molto più grave. 

Immaginare la scuola che verrà
Quali le soluzioni? Dopo quattordici mesi di chisure forzate, il Governo corre ai ripari e punta a riaprire le aule persino in piena estate. Ma pensare di poter recuperare il tempo perduto a poche settimane dalla fine dell'anno scolastico, appare quasi impossibile. Meglio concentrare gli sforzi, immaginando la scuola del futuro prossimo, quella che verrà da settembre in poi. Più sicura, certamente. Ovviamente in presenza. Ma anche e finalmente più inclusiva, con gruppi-classe più piccoli e più insegnanti preparati e impegnati a recuperare tutti i danni della Dad. Se non ora, quando?

Intanto le scuole riaprono

Le riaperture obiettivo prioritario del Governo Draghi che, infatti, dal 7 aprile ha già riportato in classe milioni di studenti, anche nelle regioni in zona rossa. 
Lo dicevano da mesi, del resto, pediatri, psicologi, psichiatri, educatori: troppi danni da Dad per bambini e adolescenti. 
Nel rapporto rischi-benefici, meglio riaprire. E subito. Una vittoria per i genitori e le famiglie dell'associazione "La forza siamo noi" che, da mesi, chiedevano una ripartenza "nell'interesse di quelle giovani generazioni private da oltre un anno dei loro spazi di relazione sociale, maturazione individuale e crescita culturale". 
Nel servizio in basso, l'intervento di Emanuela Neri de "La forza siamo noi". 

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