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L'EDITORIALE Verso le elezioni, la malapolitica torna alla carica: liste da piangere e candidati senza idee

Cinque grandi problemi che resteranno inevitabilmente senza risposte: caro energia, lavoro, questione meridionale, sanità e difesa dell'interesse nazionale

di Francesco Pungitore

 

E' passata un'altra estate di sagre, mare e poetiche rimembranze del passato. Come prima e più di prima i paesi del Sud già si svuotano e resteranno così deserti a lungo, con brevi sussulti a Natale e a Pasqua. Intanto si riaccenderà l'esodo di giovani universitari, disoccupati disillusi con laurea in tasca e intere famiglie precarie in cerca di migliore fortuna altrove.

In tutto il Meridione continuano a sparire, con la valigia in mano, centomila persone l'anno. Come se si cancellasse un'intera città come Catanzaro. Se ne vanno al Nord e all'estero, perché qui, a parlare di restanza si riempiono solo le sedie dei convegni letterari ad agosto. Lavoro zero. E non certo per colpa dell'autore, l'ottimo Vito Teti, che almeno ci prova a scuotere le coscienze.

Il problema, però, non è antropologico, ma strutturale e, dunque, politico. Quella politica che non c'è e continuerà a non esserci anche durante e dopo questa campagna elettorale appena iniziata. A leggere le liste presentate in queste ore c'è solo da piangere, rimuginando sul perché questo Sud sia caduto così in basso. Colpa “loro”, ma anche “nostra” che continuiamo a sopportare, in silenzio e rassegnati, la malapolitica degli affamati di soldi e di potere. Non c'è uno straccio di proposta, di programma, di idee, di coerenza nel ciarlare dei tanti candidati, tutti affannati a salvarsi il posticino da quindicimila euro l'anno più bonus, rimborsi e viaggi aerei da e per Roma. 

Uno schiaffo in faccia agli onesti che lottano contro il caro energia, le tasse, la burocrazia, la corruzione, la criminalità. I leader di partito scenderanno in massa come i lanzichenecchi, in queste settimane, promettendo viaggi su Marte e sulla Luna, “ponti di pilu” et similia, quando, da parte loro, basterebbe solo qualche risposta su pochi temi. Cinque, per cominciare:

  1. l'aumento spropositato di gas, luce e tasse che sta piegando interi settori economico-produttivi, ormai prossimi al collasso;

  2. l'eterna e mai risolta questione occupazionale, nella Repubblica che si autodefinisce fondata sul lavoro (che non c'è);

  3. l'atrettanto secolare questione meridionale, divenuta questione morale per l'intreccio di collusioni perverse e miasmi mafiosi che affondano ogni speranza di riscatto del nostro Sud;

  4. un sistema sanitario in grande crisi, senza personale, senza mezzi e senza spazi adeguati alle tante patologie (non solo Covid...) da curare;

  5. l'individuazione e la difesa di un vero interesse nazionale italiano nel contesto europeo, mediterraneo e mondiale, senza genuflessioni a Oriente e a Occidente, prive di qualunque strategia di medio e lungo termine. Giusto per rendere un esempio, quanto farebbe bene, all'Italia, ritornare al pacifismo proclamato in Costituzione?

Ai primi comizi, sarebbe opportuno chiederne subito conto ai vari oratori, dal più sciancato dei candidati senza pretese ai grandi capi della suburra capitale. Quantomeno, solo per riaffermare idealmente la vergogna della loro incapacità e la parallela dignità del cittadino-elettore, in un Paese che, per storia, cultura, vitalità d'impresa e qualità umane, senza alcun dubbio meriterebbe ben altra classe politica.

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