di Francesco Pungitore*
L'IA stimola il valore unico dell'umanità
Può sembrare un paradosso, ma… pensiamoci bene! In un'epoca in cui l'intelligenza artificiale (IA) sembra avanzare a passi da gigante, noi umani siamo chiamati a riscoprire il valore inestimabile e unico delle nostre qualità più profonde, noetiche: empatia, intuizione, creatività. Come se, di fronte all'aumento dell'elaborazione logico-razionale delle macchine, si stesse risvegliando in noi la necessità di affermare proprio ciò che ci rende veramente “umani”. Nell’immediato futuro, noi diventeremo l'algoritmo del cuore, sviluppando questa nostra unicità in parallelo all'algoritmo della mente potenziato dall'IA. Ma ciò determinerà una crescita positiva complessiva? Riflettendo su questa domanda, forse è il caso di ribadire la portata rivoluzionaria dell’intelligenza artificiale, una tecnologia che cambierà radicalmente il mondo.
L'intelligenza artificiale sta già trasformando, innanzitutto, il mondo del lavoro. L'automazione sta rendendo obsolete le attività ripetitive, spingendo i lavoratori a sviluppare nuove competenze più complesse. Questo non significa una perdita netta di occupati, ma piuttosto una trasformazione del mercato del lavoro. Le competenze umane uniche - la creatività, l'intuizione, l'empatia - diventano sempre più preziose in un mondo sempre più digitalizzato.
A livello sociale, poi, l'IA ha il potenziale di creare opportunità senza precedenti per l'accesso all'informazione, l'istruzione e la salute. Ad esempio, potrebbe essere utilizzata per migliorare i sistemi di educazione a distanza, rendendo l'apprendimento più accessibile a tutti, indipendentemente dalla loro posizione geografica. In campo medico, l'IA può velocizzare la scoperta di nuovi farmaci e migliorare la diagnosi e il trattamento di molte malattie.
Tuttavia, queste trasformazioni non avvengono senza sfide. L'IA sta cambiando il modo in cui interagiamo con la tecnologia, rendendola sempre più pervasiva nella nostra vita quotidiana. Ciò solleva importanti questioni relative alla privacy, alla sicurezza dei dati e all'etica dell'IA.
Insomma, l'intelligenza artificiale non è un “nemico”, ma uno strumento potente che può migliorare la nostra vita in molti modi. Tuttavia, il suo impatto dipende da come la utilizziamo e da come la regoliamo. L'IA può stimolare il risveglio delle nostre competenze umane uniche, ciò che ci rende veramente “umani”. Ma affinché ciò accada, dobbiamo abbracciare un approccio umano-centrico nello sviluppo e nell'uso dell'IA, garantendo che rispetti i nostri diritti fondamentali, promuova l'equità e l'inclusione e serva il bene comune.
IA e Medicina: esempi virtuosi
Recentemente, un esperimento rivoluzionario ha dimostrato come l'IA possa portare benefici inimmaginabili alla nostra società. L'Acinetobacter baumannii, un batterio classificato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei più pericolosi e resistenti, è ora sotto attacco grazie ad un potente antibiotico scoperto con l'ausilio dell'IA.
L'equipe della McMaster University in Canada, guidata da Gary Liu, Denise Catacutan e Khushi Rathod, ha sfruttato un algoritmo per accedere a un'enorme quantità di molecole con proprietà antibatteriche. In appena due ore, l'algoritmo ha individuato la molecola più promettente tra quasi 7.000 candidati. Questa scoperta rappresenta un enorme passo avanti nel contrasto a un batterio che ogni anno causa la morte di più di un milione di persone.
Un altro settore in cui l'IA sta dimostrando il suo valore è l'oncologia. Il cancro è una malattia complessa e la sua diagnosi precoce è spesso la chiave per un trattamento efficace. L'IA sta rivoluzionando il modo in cui vengono diagnosticati i tumori, analizzando le immagini mediche con una precisione che spesso supera quella umana. Ad esempio, Google Health ha sviluppato un algoritmo di apprendimento automatico che può rilevare il cancro al seno con una precisione sorprendente, riducendo sia i falsi positivi che i falsi negativi.
L'IA ha anche un ruolo importante nella personalizzazione dei trattamenti medici, in particolare nel campo della farmacogenomica. Questa disciplina studia come le variazioni genetiche individuali influenzano la risposta del corpo ai farmaci. Gli algoritmi di IA possono analizzare enormi quantità di dati genetici per prevedere quale medicinale sarà più efficace per un determinato paziente, riducendo il rischio di effetti collaterali e aumentando l'efficacia del trattamento.
Inoltre, l'IA sta migliorando l'accessibilità all'assistenza sanitaria, soprattutto in aree remote o sottoservite, grazie alla telemedicina. Ad esempio, le applicazioni di intelligenza artificiale possono fornire consultazioni mediche remote, monitorare la salute del paziente e persino fornire consigli per la gestione delle malattie croniche. Questo può ridurre il bisogno di visite ospedaliere e rendere l'assistenza sanitaria più accessibile a chi ha difficoltà a recarsi in clinica.
L'IA sta anche giocando un ruolo crescente nella comprensione e nel trattamento delle malattie mentali. Gli algoritmi possono analizzare modelli di parola e comportamento per identificare segnali di disturbi mentali come depressione o ansia, a volte prima che i pazienti stessi ne siano consapevoli. Questo potrebbe portare a interventi più tempestivi e a migliori esiti per la salute mentale.
Questi esempi virtuosi dimostrano l'enorme potenziale dell'IA nel campo medico. Da strumento diagnostico a facilitatore dell'assistenza sanitaria personalizzata, l'intelligenza artificiale è una potente alleata nella lotta contro le malattie e per la promozione della salute.
Verso un regolamento equilibrato
L'intelligenza artificiale ha un potenziale enorme, ma da un grande potere derivano anche grandi responsabilità. Un peso che ricade sugli organi di regolamentazione, che devono bilanciare il bisogno di promuovere l'innovazione con l'esigenza di proteggere i diritti fondamentali degli individui. È una sfida complessa che richiede attenzione, intuizione e una comprensione profonda dell'IA e del suo impatto sulla società.
Sam Altman, CEO di OpenAI, ha recentemente affrontato la questione commentando una bozza dell'Artificial Intelligence Act, un documento che la Commissione europea sta attualmente elaborando per fissare il perimetro della ricerca. Altman ha sottolineato l'importanza di evitare una regolamentazione “eccessivamente rigida” in un momento in cui l'IA è ancora ai primi stadi del suo sviluppo.
Il Parlamento europeo sta attualmente discutendo il suddetto AI Act, una legge che stabilirebbe come le aziende possono sviluppare modelli di IA. Si prevede anche la creazione di un ufficio dedicato a supervisionare la conformità alle nuove norme. Il progetto di legge è inteso come un tentativo di regolamentare l'IA a livello comunitario, fornendo linee guida chiare e coerenti per le aziende che operano nel settore.
Il Regno Unito, invece, ha adottato un approccio diverso. Piuttosto che creare un unico organismo di regolamentazione per l'IA, Londra ha deciso di distribuire la responsabilità tra vari enti normativi, tra cui quelli che si occupano di diritti umani, salute e sicurezza e concorrenza. Questo approccio mira a garantire che l'IA sia regolamentata in modo equo e completo, tenendo conto delle sue molteplici implicazioni.
“Penso che sia importante trovare il giusto equilibrio”, ha detto Altman, sottolineando il dibattito globale in corso sulla definizione delle regole per l'IA. Le regole dovrebbero essere concepite per proteggere la società dai potenziali danni dell'IA, senza però frenare l'innovazione. Altman propone un percorso di mediazione, sostenendo che la soluzione ottimale possa risiedere a metà strada tra l'approccio tradizionale europeo e britannico e quello statunitense. La sua speranza è che tutti gli attori coinvolti riusciranno a collaborare per creare un quadro normativo efficace, equilibrato e favorevole all'innovazione.
Nonostante le sfide, il processo di regolamentazione dell'IA è essenziale per garantire un futuro in cui questa tecnologia possa essere utilizzata in maniera responsabile. Sarà fondamentale mantenere un dialogo aperto e inclusivo, che non si limiti solo agli esperti del settore, ma che coinvolga la società in generale. La tecnologia è un servizio del progresso umano, non il suo padrone. E proprio per questo, l'umanità, con le sue competenze uniche, sarà chiamata a giocare un ruolo sempre più determinante nel configurare il futuro dell'IA.
In definitiva, siamo a un bivio storico. L'IA ci costringe a riflettere sul nostro ruolo, a riscoprire il valore della nostra unicità e a rivalutare le competenze che solo noi possediamo. Il futuro è nelle nostre mani.
Una questione di tutti
L'IA non può e non deve essere un argomento riservato solo agli addetti ai lavori. È necessario un dibattito pubblico aperto, che coinvolga l'intera società. Inoltre, l'IA dovrebbe essere introdotta nel curriculum scolastico, non solo come argomento tecnico-informatico, ma anche filosofico, affrontando le questioni etiche e morali relative al suo utilizzo.
L'avvento dell'IA rappresenta, infatti, molto più di un progresso tecnologico: è un vero e proprio cambiamento di paradigma che sta riscrivendo le nostre concezioni di pensiero, di essere e di realtà.
Con l'IA, assistiamo alla nascita di un pensiero non organico, un'intelligenza che si sviluppa e apprende in modo completamente diverso dal nostro. Questo tipo di pensiero non è limitato da una struttura fisica, non è soggetto a fatica o esaurimento, e può processare informazioni a una velocità che supera di gran lunga le nostre capacità cognitive. Ma allo stesso tempo, manca di quell'elemento indefinibile, quell'intuizione, empatia e creatività, che caratterizza il pensiero umano.
Il nostro modo di essere sta cambiando in maniera altrettanto radicale. Con l'IA che diventa sempre più integrata nelle nostre vite quotidiane, siamo costantemente interconnessi, costantemente influenzati da un flusso incessante di informazioni. Stiamo diventando, in un certo senso, estensioni delle macchine con cui interagiamo. Eppure, allo stesso tempo, proprio questa interazione con l'IA ci spinge a riscoprire e affermare la nostra umanità.
La nostra concezione della realtà è anch'essa in trasformazione. L'IA ci sta aprendo a nuove prospettive, nuove possibilità che prima erano impensabili. Ci permette di esplorare il mondo in modi completamente nuovi, di sperimentare realtà virtuali che possono essere tanto affascinanti quanto la realtà fisica. Ma questa nuova realtà, costruita da algoritmi e dati, ci mette anche di fronte a sfide senza precedenti, come la questione della verità e dell'autenticità in un mondo sempre più digitalizzato.
Eppure, in mezzo a questo caos di cambiamento e incertezza, emerge un punto di luce: l'IA ci sta costringendo a rivalutare ciò che significa essere umani. Ciò che una volta sembrava ovvio e scontato - le nostre emozioni, la nostra empatia, la nostra creatività - assume ora una nuova importanza. Di fronte alla fredda logica delle macchine, ciò che ci rende umani diventa il nostro valore più grande.
In questo senso, l'IA può essere vista non come una minaccia, ma come un'opportunità. Una sfida che ci spinge a esplorare il nostro potenziale, a capire meglio noi stessi, a evolvere e adattarci. Un'opportunità di crescita, di apprendimento, di progresso.
Ma per sfruttare appieno questa opportunità, è essenziale che tutti noi - non solo gli esperti del settore - siamo coinvolti nel dibattito sull'IA. Dobbiamo confrontarci con le questioni etiche e morali che l'IA solleva, e trovare il modo di utilizzare questa tecnologia per la creazione di una società consapevole e pronta a sfruttare appieno le potenzialità future, senza perdere di vista il valore fondamentale dell'umanità.
Proprio nel mezzo della rivoluzione digitale, può emergere una radicale valorizzazione dell'essenza stessa del nostro essere “umani”.
Conclusioni
L'IA ha un potenziale enorme. Spetta a noi trarne il meglio, utilizzando le nostre qualità noetiche per indirizzare la ricerca dove può fare il bene maggiore. Ciò richiede impegno, dialogo e un'ampia visione. Con l'aiuto delle regole giuste e un approccio aperto e inclusivo, l'IA può diventare una potente alleata del progresso umano, stimolando, allo stesso tempo, l'espressione più autentica della nostra essenza.
Nell'era dell'informazione, siamo continuamente bombardati da messaggi contrastanti sull'intelligenza artificiale. Da un lato, i media tendono ad alimentare la paura che l'IA possa “seppellirci e sostituirci”, amplificando le preoccupazioni relative alle possibili minacce alla privacy, all'occupazione e all'etica. D'altra parte, i marketer spesso ci promettono che l'IA risolverà tutti i nostri problemi, senza preoccuparsi di illustrare gli ostacoli tecnologici e normativi esistenti.
In questo panorama, i filosofi del passato ci ricordano le limitazioni dell'IA, sottolineando che non è costruita per replicare l'esperienza umana, ma per ampliarla e migliorarla. Ciò che l'IA non può ancora fare - e forse non potrà mai fare - è emulare la profondità e la complessità delle emozioni umane, la creatività spontanea, l'intuizione e l'empatia.
Quindi, cosa dobbiamo fare in questo momento di transizione? Come possiamo minimizzare i rischi mentre massimizziamo i benefici dell'IA?
Prima di tutto, dobbiamo riconoscere che la questione non è se l'IA ci sostituirà, ma piuttosto come possiamo sfruttarla per migliorare la nostra vita. Questo richiede una comprensione chiara dei limiti e delle possibilità dell'IA, nonché un dibattito pubblico aperto e inclusivo sulle sue implicazioni etiche e sociali.
Inoltre, abbiamo bisogno di un quadro normativo che promuova l'innovazione senza sacrificare i diritti e le libertà fondamentali. Questo include la protezione dei dati personali, la tutela della privacy e la prevenzione dell'uso-abuso dell'IA.
Infine, dobbiamo promuovere l'educazione sull'IA, preparando la prossima generazione a navigare in un mondo sempre più digitalizzato. Questo include non solo l'apprendimento delle competenze tecniche, ma anche una comprensione profonda delle questioni di pensiero che l'IA solleva.
In sintesi, l'IA ha un potenziale enorme e rappresenta un'opportunità straordinaria per l'umanità. Tuttavia, il suo utilizzo richiede un impegno collettivo verso il dialogo, la comprensione e l'apprendimento. Se affrontiamo queste sfide con ottimismo e responsabilità, possiamo davvero sfruttare l'IA per migliorare il nostro mondo, mentre valorizziamo e proteggiamo ciò che ci rende autenticamente umani.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale