rivista di opinione, ricerca e studi filosofici
rivista di opinione, ricerca e studi filosofici

Filosofia e mass-media: la realtà come rappresentazione

A Mondovì un momento di riflessione ricco di spunti d'interesse legati alla nostra attualità

di Francesco Pungitore

 

Il mezzo, la realtà e la rappresentazione della realtà attraverso il mezzo. Ne abbiamo parlato da Mondovì (Cuneo) nel corso dell'incontro in diretta streaming del 5 giugno scorso “Dal monopolio Rai alle Tv private, un pezzo di storia italiana”. Evento culturale prodotto dalla libreria Confabula, in collegamento dalla sede della Informatica System di Vicoforte, curato dallo staff della start-up Proxima Studio (Paolo Monge, Lorenzo Zoppi, Lorenzo Merello e Fabio Biscia), ex allievi del Liceo Scientifico monregalese opzione Scienze applicate “G. Cigna”. In particolare, con il professore di Informatica Paolo Tealdi, il giornalista Alberto Prieri, Fabrizio e Lorenzo Innocenti della Bleb Technology e numerosi altri ospiti, abbiamo affrontato l'analisi di tre “case study” con altrettanti relatori:

  • l'annuncio della Guerra del Golfo in Iraq (con il giornalista Emilio Fede)
  • la stagione di Tangentopoli (con il giornalista Paolo Brosio)
  • lo show-varietà degli anni '80 (con il comico Enrico Beruschi)

Perché la Filosofia deve occuparsi anche di televisione e di “mezzi” di comunicazione di massa? Per vari aspetti. Per il loro “potere”, innanzitutto. Scendiamo nel concreto. Per “mezzo” intendiamo esattamente il “medium” della moderna comunicazione di massa, con il suo doppio significato:

  1. medium come strumento;
  2. medium come qualcosa che sta a metà tra due poli (tra emittente e destinatario).

Con Kant, (e poi con Schopenhauer) abbiamo imparato che ogni nostra conoscenza del mondo è una “rappresentazione”, vale a dire una conoscenza del mondo non com'è realmente ma come esso ci “appare”, “filtrato” attraverso le forme della sensibilità e dell'intelletto. Nella società di massa, globalizzata, esiste un terzo “filtro” universale che modifica la nostra conoscenza del mondo e, dunque, condiziona la rappresentazione che noi abbiamo di esso. Questa nuova “forma” (che non è pura o a priori, ma è del tutto artificiale e, peraltro, suscettibile di manipolazioni) è il medium di natura tecnologica, di volta in volta introdotto nei diversi ambiti della comunicazione: radio, televisione e, attualmente, Internet. Un mezzo di comunicazione di massa è universale, uguale per tutti su scala globale, ed è esso stesso assimilabile allo status di filtro interpretativo della conoscenza. 
Va a modificare la nostra rappresentazione della realtà. Non si tratta solo di una “narrazione” che cambia, di uno sfondo scenografico che muta, di una tecnologia che diventa più sofisticata. Il mezzo non è un mero specchio della realtà ma è causa, esso stesso, di un mutamento significativo nella rappresentazione che noi abbiamo della realtà. Il che produce anche conseguenze in termini di codici linguistici. Ma non è, direbbero Aristotele e Wittgenstein, proprio il linguaggio a definire i confini del “mio” mondo? La domanda è: che tipo di realtà conosce l'uomo, oggi? La risposta è: un mondo che passa attraverso uno schermo sul quale egli posa continuamente lo sguardo, per l'intero arco della sua giornata. E quale rappresentazione del mondo che ci circonda ne viene fuori? Una rappresentazione pesantemente condizionata da quel mezzo, quasi una riproposizione, in chiave moderna, dell'antica “caverna” di Platone . 
Parlare di mass-media, dunque, significa andare oltre una banale analisi di come si ricevono o si ricercano le informazioni, se più o meno velocemente. Il problema va oltre l'epistemologia e assume addirittura una dimensione ontologica. La realtà è l'essere? E come mi si rivela quell'essere? L'essere è, forse, ciò che vedo riflesso sullo schermo?
Più in profondità, ci domandiamo: è solo una questione di rappresentazione o possiamo presupporre che il mutamento di medium comunicativo determini, in campo logico, anche una conseguente alterazione del pensiero e del giudizio? 
Per dirla con Heidegger, la tecnica cambia il mio rapporto con l'essere. Favorisce il suo nascondimento e lo svelarsi di altro. Ma ciò avviene non tanto per il dominio che la tecnica impone sugli enti del mondo. Piuttosto, sembra emergere una differenza di codici e forme che essa introduce nella rappresentazione che noi ci diamo del mondo. Dunque, dell'essere.

In conclusione un confronto culturale ben riuscito, un esperimento tecnologico, ma soprattutto un momento di riflessione non privo di spunti di interesse legati alla nostra attualità.
Per Emilio Fede l'occasione anche per parlare del suo ultimo libro autobiografico pubblicato da Giraldi Editore, rispondendo alle domande dei lettori collegati dalla libreria Confabula di Mondovì.

[6 giugno 2020]

Stampa | Mappa del sito
© 2015 - Essere & Pensiero - Testata giornalistica online ai sensi dell'art. 3-bis del d.l. 63/2012 sull'editoria convertito in legge n. 103/2012 - Direttore Responsabile: Francesco Pungitore