di Francesco Pungitore*
Proviamo a considerare l'intelligenza artificiale come un prisma. Uno specchio attraverso cui esaminare l'essenza stessa dell'umanità. In tal senso, questa tecnologia può diventare qualcosa di più di una mera collezione di algoritmi e database. Può funzionare come un “riflesso provocatorio” capace di mostrarci non tanto l'avanzamento delle macchine, quanto piuttosto la nostra moderna tendenza a definire l'essere umano solo entro i confini del calcolo e della logica. Qui giace una sfida, una chiamata al risveglio, un'opportunità per interrogarci sulla validità di quel modello di civiltà che riduce l’uomo a “macchina organica”, con dei compiti da svolgere meccanici e ripetitivi.
Il confronto inevitabile
Quando le macchine eccellono in compiti che una volta consideravamo appannaggio dell'intelligenza logico-razionale umana è inevitabile un certo senso di sconcerto. Ma in questa gara di razionalità, siamo banalmente perdenti. Tuttavia, è proprio questo scontro apparentemente asimmetrico che mette in luce qualcosa di fondamentale: l'identità umana trascende i soli confini della pura logica.
Quando si parla di intelligenza umana, non possiamo dimenticare che siamo ben più di computer altamente efficienti. Noi siamo un amalgama complesso e inestricabile di noesi, anima, coscienza. Questi sono aspetti che ci rendono unici e che sono irriducibili a un set di istruzioni programmate. A differenza delle macchine, siamo dotati della capacità di sperimentare empatia, di riflettere eticamente e di aspirare a ideali che esulano dal dominio del calcolabile. È un po' quello che immaginava il filosofo Blaise Pascal nella sua distinzione tra “esprit de géométrie” ed “esprit de finesse”: l'uomo non è mera conoscenza razionale e analitica, ma è anche e soprattutto cuore, sentimento, intuizione, qualità inarrivabili per qualunque forma di tecnologia.
L'etica delle macchine
In questo contesto, è fondamentale porsi domande etiche riguardo all'uso e alla direzione che sta prendendo e prenderà la ricerca sull'IA. Se quest'ultima è uno strumento così potente per esaminare noi stessi, dobbiamo assicurarci che sia guidata da principi che rispecchiano i nostri valori più profondi. Si tratta di una questione che non riguarda solo gli sviluppatori o i filosofi, ma l'intera società, noi tutti. La trasparenza, la partecipazione democratica sono fondamentali in questo processo. Per comprendere a fondo l'importanza e l'impatto dell'intelligenza artificiale, è fondamentale aprire un dibattito ampio che coinvolga scuole, forum pubblici, convegni e iniziative comunitarie, poiché questa tecnologia è già una presenza ineludibile nelle nostre vite e le sue implicazioni necessitano di essere affrontate collettivamente.
L'umanesimo tecnologico come futuro
La via che si prospetta davanti a noi non può che essere quella di un “umanesimo tecnologico”, dove l'IA non sia una minaccia, ma un'estensione delle nostre capacità, guidata da etica e valori. In questa prospettiva, l'intelligenza artificiale può diventare un catalizzatore per un futuro in cui la tecnologia sia al servizio dell'uomo e non il contrario.
In conclusione, l'IA, con la sua capacità di riflettere e potenziare la nostra razionalità, rappresenta un'opportunità unica per riconsiderare e rifondare i principi su cui poggia la nostra stessa civiltà. Se ben indirizzata, può essere uno strumento straordinario per il progresso, sempre e quando sia l'umanità stessa a guidarne il percorso.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Direttore Tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale