di Francesco Pungitore*
L'allarme non è nuovo, ma il tamburo dell'apocalisse sembra risuonare più forte: “Mitigare i rischi di estinzione rappresentati dall'Intelligenza Artificiale deve essere una priorità globale insieme ad altri rischi per la società come le pandemie e la guerra nucleare”. Queste dichiarazioni di ricercatori e leader dell'industria dell'IA, ormai quotidiane, suonano drammatiche, ma ci rimandano a una domanda di antica tradizione latina: cui prodest?
Gli interessi in gioco
A chi giova, dunque, diffondere un tale panico nell'opinione pubblica, anziché promuovere una consapevolezza critica dell'intelligenza artificiale e delle sue enormi potenzialità? Il sospetto che si fa strada è che le grandi multinazionali del settore stiano cercando di manipolare la situazione a proprio vantaggio, spingendo la politica a creare barriere burocratiche piuttosto che regole efficaci. Il rischio è quello di un cartello delle big-tech, con l'obiettivo di bloccare l'accesso al mercato di start-up, poli di ricerca open-source e piccole imprese emergenti.
Il dibattito su regole e responsabilità
È indubbio che occorre sviluppare algoritmi di IA in modo responsabile, capace di favorire il progresso economico e sociale senza minacciare i diritti civili e i valori democratici. Richiedere alle aziende uno sviluppo e un utilizzo trasparente degli algoritmi è, quindi, una necessità. Tuttavia, il catastrofismo non è la risposta adeguata. Osservando il panorama internazionale, vediamo come gli Stati Uniti non abbiano una regolamentazione generale sull'IA, permettendo molto più di quanto consentito in Europa, che sembra invece pronta ad adottare norme più stringenti.
Singolarità tecnologica: mitologia futuristica?
Il tono allarmistico delle recenti dichiarazioni si riflette in frasi come: “Siamo di fronte a una tecnologia davvero dirompente. Ci sono tantissimi rischi”. Ciò richiama il concetto di singolarità tecnologica, teoria diffusa da Raymond Kurzweil nel suo saggio del 2005 “La singolarità è vicina”, in cui sostiene che tale fenomeno si verificherà nell'arco della prima metà di questo secolo. Questa visione profetica del futuro, tuttavia, è solo una delle molteplici possibilità.
Il futuro dell’IA
Non sappiamo se la singolarità tecnologica sia davvero alle porte, ma è certo che un dibattito aperto e senza pregiudizi sull'IA è fondamentale. Le decisioni prese non devono essere dettate da paure infondate o allarmismi ingiustificati, ma da un quadro di regole serio e costruttivo che miri a rendere questa tecnologia il più possibile libera, democratica e diffusa.
La responsabilità di ogni stakeholder
L'obiettivo deve essere quello di una tecnologia a portata di tutti e non riservata ai pochi detentori mondiali di questo business. Per farlo, serve un impegno collettivo che coinvolga non solo i grandi colossi del settore, ma anche i piccoli imprenditori, i ricercatori, le istituzioni e i cittadini. E questo impegno deve cominciare dalla consapevolezza.
È fondamentale infatti comprendere che l'Intelligenza Artificiale non è solo un tema per specialisti o per le aule di una università. L'IA permea ormai ogni aspetto della nostra vita, dalla salute all'istruzione, dalla produzione industriale alla gestione delle risorse energetiche. Ogni cittadino, in quanto utente e beneficiario delle innovazioni portate dall'IA, ha il diritto e il dovere di essere informato e coinvolto in questo dibattito.
Una consapevolezza diffusa può e deve iniziare dall'istruzione. È necessario introdurre moduli didattici sull'Intelligenza Artificiale nelle scuole di ogni ordine e grado, dai primi anni dell'istruzione primaria fino ai corsi universitari. La conoscenza e la comprensione di questa tecnologia non dovrebbero essere appannaggio solo di chi studia informatica o discipline correlate. Dovrebbe diventare un patrimonio comune, alla stessa stregua di competenze basilari come la lettura o l'aritmetica.
Il sistema educativo ha un ruolo fondamentale in questo processo. Le scuole devono formare cittadini che sappiano muoversi in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia e che siano in grado di capire, giudicare e, se necessario, controllare l'uso dell'IA nella società. Solo così possiamo sperare di realizzare una democratizzazione reale dell'Intelligenza Artificiale, che non sia monopolio dei giganti del tech ma sia a disposizione dell'intera società, per il bene di tutti.
Tra paure e speranze
L'Intelligenza Artificiale è senza dubbio una delle sfide più complesse del nostro tempo. Le sue potenzialità sono enormi e i rischi non possono essere ignorati. Tuttavia, la via dell'allarmismo non è quella giusta. Serve piuttosto un dibattito aperto, inclusivo e onesto, che sappia guardare con occhio critico sia alle opportunità che ai pericoli, e che lavori per una regolamentazione equilibrata e favorevole all'innovazione. Solo così, forse, potremo dire che il futuro dell'IA è davvero di tutti.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Storia, Scienze Umane e Tecniche della Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale