di Francesco Pungitore*
Il divario tra generazioni è un tema eterno, ma nell'era digitale assume sfumature inedite e complesse. La miniserie britannica "Adolescence", disponibile su Netflix, affronta con audacia questa distanza, immergendosi nelle profondità dell'adolescenza contemporanea e delle sue insidie psicologiche.
La trama segue Jamie Miller, un tredicenne accusato dell'omicidio della compagna di classe Katie Leonard. Attraverso una narrazione intensa e un uso innovativo del piano sequenza, la serie non si limita a esplorare il "chi" e il "come", ma si concentra sul "perché", scavando nelle motivazioni profonde che possono portare un adolescente a compiere atti estremi.
Un elemento centrale è l'influenza della cosiddetta "manosfera" e delle sottoculture online, come quella degli "incel" (involuntary celibates). Questi gruppi, spesso caratterizzati da misoginia e risentimento, trovano terreno fertile tra giovani fragili in cerca di appartenenza. Jack Thorne, co-creatore della serie, ha dichiarato di essere rimasto profondamente turbato dall'attrattiva che queste ideologie esercitano sui ragazzi vulnerabili.
La serie ha suscitato un acceso dibattito pubblico. Il Primo Ministro britannico, Keir Starmer, ha promosso la proiezione gratuita di "Adolescence" nelle scuole del Regno Unito, sottolineando il suo potenziale nel facilitare discussioni aperte tra studenti su temi come il machismo, la violenza sessuale e l'influenza dei social media.
Particolarmente significativa è la scena del terzo episodio, in cui Jamie affronta un colloquio con la psicologa forense Briony Ariston, interpretata da Erin Doherty. Questo incontro mette in luce la visione distorta di Jamie nei confronti delle donne, viste come prede e oggetti, riflettendo una "mascolinità conflittuale" alimentata da paure profonde di rifiuto e una disperata ricerca di validazione.
Uno dei meriti più significativi di Adolescence è la capacità di svelare, con crudezza e lucidità, le dinamiche sottili ma devastanti che si instaurano nei gruppi adolescenziali. All'interno della serie, i legami tra coetanei non sono mai semplici: oscillano tra solidarietà apparente e microviolenze continue, tra il desiderio di essere accettati e la paura di essere esclusi. È il gruppo, spesso più della famiglia, a dettare legge nei corridoi della scuola, nei messaggi vocali, nei silenzi che diventano sentenze.
Nella narrazione, si avverte con forza come il bisogno di appartenenza, tipico di questa fase della vita, si trasformi rapidamente in una pressione costante a conformarsi. Jamie – il protagonista – è il paradigma perfetto dell’adolescente che cerca nel branco uno specchio in cui vedersi, ma finisce per perdervisi dentro. La sua identità vacilla mentre cerca di compiacere chi ha più potere, chi urla più forte, chi ridicolizza gli altri per nascondere le proprie insicurezze.
Le dinamiche di gruppo in Adolescence si fanno spesso tossiche, mostrando come l’omologazione diventi una strategia di sopravvivenza. Bullismo, derisione, silenzi complici e sguardi taglienti costruiscono un clima claustrofobico, dove la vulnerabilità non trova spazio e l’empatia è vista come una debolezza da punire. Ma sotto la superficie di ogni gruppo, la serie suggerisce, si celano fratture profonde: solitudini mascherate, paure inconfessabili, rabbie represse.
Non si tratta solo di adolescenti “cattivi” o “deviati”, ma di giovani intrappolati in ruoli non scelti, costretti a recitare copioni imposti dal gruppo per ottenere una minima dose di riconoscimento. Una dinamica ben nota in psicologia sociale: la forza del gruppo può unire e distruggere allo stesso tempo. E Adolescence lo dimostra senza retorica, inchiodando lo spettatore alla verità più scomoda: la violenza non nasce nel singolo, ma germoglia in un terreno sociale fertile, fatto di silenzi, mancate domande e adulti distratti.
"Adolescence" offre uno specchio inquietante della realtà giovanile odierna, evidenziando l'urgenza di un dialogo intergenerazionale più profondo. La serie invita genitori e scuola a confrontarsi con le sfide poste dall'era digitale, promuovendo una maggiore consapevolezza delle dinamiche psicologiche che influenzano i giovani e sottolineando l'importanza di un supporto empatico e informato nel loro percorso di crescita.
*giornalista e docente di Filosofia, Psicologia e Scienze Umane