di Francesco Pungitore*
Nel 2025, l'Italia si conferma un paese profondamente connesso: il 90% della popolazione ha accesso a Internet, con un tempo medio online di quasi sei ore al giorno. Gli italiani attivi sulle piattaforme social sono 42 milioni, pari al 71% della popolazione, e trascorrono su TikTok quasi 30 ore al mese, seguiti da YouTube (17 ore) e Instagram (15 ore). Dato interessante: l'accesso ai social non è solo finalizzato a riempire il tempo libero (46%), quanto a tenersi informati (47%). Nel contesto globale, il 68% della popolazione mondiale è connesso a Internet, con un incremento annuo del 2,5%, mentre il tempo medio trascorso sui social è di 2 ore e 21 minuti al giorno. Facebook continua a detenere il primato degli utenti attivi, seguito da YouTube, Instagram e TikTok. Questi dati sono tratti dal report annuale Digital 2025 di We Are Social.
Parallelamente, il mondo dell’editoria tradizionale vive una crisi inesorabile. Nel 2024, le vendite di quotidiani in Italia sono diminuite del 9,1% rispetto all’anno precedente e del 31,8% rispetto al 2020. I giornali locali hanno subito un calo del 9,7%, quelli nazionali dell’8,6%. Le copie digitali registrano un lieve aumento (+1,7%), ma non compensano il tracollo della carta stampata. Anche il traffico sui siti web delle principali testate è in calo: il Corriere della Sera (-4%), La Repubblica (-6,4%) e Fanpage (-7,6%) mostrano segni di una progressiva erosione del loro pubblico. (Report sulle vendite dei quotidiani del 2024).
Verso una nuova era: la Mediarchia
Questi dati raccontano un cambiamento epocale: i media tradizionali non detengono più il monopolio dell’informazione, sostituiti dai social network, dove chiunque può diventare emittente di contenuti e opinioni. Viviamo in una Mediarchia, una condizione in cui il potere dell’informazione è sempre più decentralizzato, ma anche caotico, caratterizzato da un’anarchia delle fonti e dalla predominanza di chi sa manipolare meglio gli strumenti digitali. Il giornalismo perde progressivamente il suo ruolo di guida dell’opinione pubblica, sostituito da flussi informativi spesso frammentari, polarizzati e manipolabili.
Questo scenario pone delle questioni profonde dal punto di vista sociologico, psicologico e filosofico. Se da un lato l’accesso immediato alle informazioni ha democratizzato la comunicazione, dall’altro ha favorito la diffusione di notizie false e la creazione di bolle informative che rinforzano convinzioni preesistenti. In termini psicologici, la continua esposizione a contenuti emozionali e polarizzanti sui social network può creare effetti di manipolazione dell’opinione pubblica, mentre l’abbondanza di informazioni genera una sorta di paradosso della conoscenza: più dati disponibili non significano necessariamente una maggiore consapevolezza, ma possono alimentare confusione e disinformazione.
Il ruolo dell'Intelligenza Artificiale: tra opportunità e minacce
L’Intelligenza Artificiale ha reso ancora più complesso il panorama informativo. Con l’avvento dei deepfake, il confine tra reale e artefatto diventa sempre più labile. Video e immagini manipolate possono diffondere falsità con un realismo impressionante, minando la fiducia nelle fonti ufficiali e nei fatti stessi. Se in passato il potere mediatico era concentrato nelle mani di pochi, oggi l’abilità di creare narrazioni convincenti è accessibile a chiunque sappia usare gli strumenti giusti, indipendentemente dalla veridicità del messaggio.
Educare al pensiero critico: l’unica via d’uscita
Di fronte a questa situazione, l’unico antidoto è l’educazione al pensiero critico. È necessario formare cittadini capaci di interrogarsi sulla veridicità delle informazioni, distinguere le fonti affidabili da quelle manipolatorie e comprendere i meccanismi con cui l’informazione viene diffusa e distorta. In un’epoca in cui la conoscenza non è più detenuta da un’élite ma è diffusa e frammentata, il vero potere è di chi sa orientarsi nel caos informativo.
La Mediarchia non è solo un fenomeno tecnologico, ma una sfida culturale: senza un’adeguata consapevolezza, il rischio è di cadere in una società in cui la realtà non è più frutto della verifica, ma della viralità. In questo scenario, l’unica arma rimasta è la capacità di pensare con la propria testa.
*giornalista professionista, docente di Filosofia, Psicologia, Scienze Umane, Storia e Tecniche di Comunicazione con Perfezionamento post-laurea in Tecnologie per l’Insegnamento e Master in Comunicazione Digitale. Formatore esperto di AI, Direttore tecnico dell’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale