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Fashion theory, la moda come sistema di segni e di senso

Intervista alla professoressa Patrizia Calefato: il corpo rivestito costituisce un congegno attraverso cui vengono espressi dei significati sociali

di Francesco Pungitore

 

Fashion theory, ovvero la moda come "sistema di segni e sistema di senso". Perché “il corpo rivestito costituisce un congegno attraverso cui vengono espressi dei significati sociali”. A parlarne con “Essere&Pensiero” è la professoressa Patrizia Calefato (nella foto),  sociolinguista, scrittrice, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, Dipartimento di Scienze Politiche.

 

Cosa si intende con l'espressione Fashion theory?
La Fashion theory è la teoria che concepisce la moda come il sistema di segni in cui si realizza la performance visibile e sensibile della nostra identità esteriore. Nella moda trovano modo di esprimersi tratti individuali e sociali che attingono a elementi quali il genere, il gusto, l’etnicità, la sessualità, il senso di appartenenza a un gruppo sociale o, viceversa, la trasgressione. La moda, o meglio le mode - al plurale - costituiscono i dispositivi che organizzano nel tempo e nello spazio i segni del corpo rivestito e allo stesso tempo rappresentano le possibilità di mescolare i codici di riferimento costruendo ibridismi tra i segni della cultura.

 

Ma cos'è la moda? Che messaggi veicola?
La moda è un fenomeno del costume, in quanto è un fatto sociale e comunicativo, per meglio dire è un sistema di senso attraverso cui si realizzano rappresentazioni sia individuali che collettive del corpo e dell’identità. Il rivestimento, l’abito, la decorazione sulla pelle creano il corpo, lo forgiano nel suo essere nel mondo. Perfino il corpo nudo è già carico di senso, poiché è sempre una costruzione fatta di significati e valori: il corpo è infatti sempre inciso per esempio da rughe e cicatrici, quali segni del tempo, ma è anche tatuato, depilato, abbronzato. Il corpo rivestito è un insieme di segni che comprendono l’abito, l’acconciatura, il maquillage, il tatuaggio, le decorazioni, insomma tutto ciò che rende il corpo un elemento culturale e non semplicemente un elemento della natura. Il corpo rivestito costituisce un congegno attraverso cui vengono espressi dei significati sociali.

Possiamo definire la moda come una forma di linguaggio?
Esiste un rapporto stretto tra la parola, il corpo e l'abito che ci permette di definire la moda come linguaggio.
Possiamo qui fare alcuni esempi di incontro tra il corpo e la lingua nella moda:

  • Il progetto Multiple Clothing di Stephen Willats, avviatosi sin dalla metà degli anni ’60 e proseguito fino a oggi con delle performance dal vivo. Gli abiti sono ricoperti di lettere o di parole sempre trasformabili da chi li indossa o da chi interagisce con i performer. Gli spettatori vengono invitati ad apporre sul corpo dei modelli delle lettere o delle parole intere scritte su delle etichette, oppure a scrivere direttamente sull’abito con un pennarello. L’indumento diventa in tal modo il depositario di una memoria linguistica collettiva costituita di concetti che descrivono la condizione umana.
  • Gli stilisti contemporanei Victor & Rolf (2012) hanno seguito due strategie semiotiche: la prima prevede l’inserzione del testo nell’indumento che realizza la trasformazione straniante dell’abito nella parola, come avviene ad esempio in un cappotto che si deforma all’altezza del petto per comporre la parola “DREAM” o in un mantello di pelliccia squarciato, sempre sul petto, dalla scritta “WOW”. La seconda utilizza invece la tradizionale iscrizione della parola sull’abito, come avviene canonicamente nelle T-shirt, accompagnata dalla duplicazione del testo nella scrittura a diretto contatto col corpo, come avviene nel caso della scritta “NO” riprodotta sia sullo sweater che sugli occhi della modella.
  • Il marchio italiano Momaboma che produce borse e altri accessori attraverso il riciclo di vecchi materiali. Un primo genere di questi materiali è costituito dalle pagine dei giornali illustrati degli anni ’50 e ’60 che vengono resinati e trattati con polipropilene per dare vita a borse, ciascuna unica, che con la loro patina un po’ naïf raccontano vecchie cronache. Un altro materiale è rappresentato dai metri per sarte che riempiono i cestini da cucito delle vecchie signore. Ancora più speciale è infine l’invenzione di utilizzare autentici vecchi compiti in classe scritti su foglio protocollo. Momaboma realizza così un’alternativa al macero per la sostenibilità dei rifiuti, ma anche un archivio di lettura di testi non ufficiali. E’ questo un modo per porre la lingua e la moda in rapporto con la memoria e il tempo, un modo per realizzare una moda lenta che si interroga sulle proprie origini e sulle proprie procedure di comunicazione.

 

La moda è stata anche intesa come una forma di adesione ad un determinato gruppo sociale e culturale. E' ancora così?
Esiste uno stretto rapporto tra il vestito e l’identità, intesa come una costruzione socio-culturale attraverso cui passa il nostro riconoscerci nel mondo e con gli altri. Il valore di segno che un determinato indumento o una decorazione ricoprono dipende dalla loro collocazione sul corpo e in relazione ad altri corpi. Ciascun segno assume un valore e un significato sociale a seconda del suo rapporto con gli altri segni. Se il soggetto sociale si riconosce e padroneggia complessivamente la rete di senso che, attraverso i segni del corpo, gli fornisce informazioni sul suo status, si stabilisce un grado di adesione forte, di certezza, relativamente all’idea di identità.
Per esempio, il vestito nero. Il colore nero associato al lutto, nel costume tradizionale di alcune società, ha una funzione rituale e assolve al compito di accomunare la nullità in cui è transitato il corpo del defunto con l’annullamento di senso in cui si trova la persona in lutto. In virtù di funzioni magiche, il colore nero è bandito invece dall’abbigliamento dei neonati, che così vengono preservati dal nero come simbolo della notte e della morte. Nella moda, i significati sociali del colore nero sono vari e spesso immotivati: il nero è stato usato dai punk e dai goth, ma anche, in tutt’altro senso, da stilisti come Yamamoto e Versace; il nero assume un valore simbolico nel dress-code feticista. La moda moltiplica i significati di uno stesso segno, al contrario sia del costume tradizionale sia dell’uniforme, che invece legano il segno vestimentario a un unico significato.

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