di Luca Tealdi
Tra quattro giorni si riparte: venerdì 18 la MotoGP torna in pista in Germania al Sachsenring dopo due settimane di stop. Ci arriva dopo due weekend, quello del Mugello e quello di Barcellona, tutt’altro che positivi e all’altezza della massima competizione mondiale delle due ruote. Dopo la scomparsa del pilota diciannovenne Dupasquier al Mugello, i piloti si sono stretti intorno alla sua famiglia e a coloro che gli volevano bene e lo hanno ricordato con quei tanto discussi sessanta secondi di silenzio prima della partenza della gara della classe regina. Passata una settimana, in Catalunya si sono comportati come se avessero già dimenticato quanto accaduto appena sette giorni prima: il circuito di Barcellona è stato teatro di comportamenti poco belli da vedere e soprattutto pericolosi da parte dei piloti della Moto3. Giochi di scie, cambi di direzione improvvisi sul rettilineo e bruschi rallentamenti in piena traiettoria per evitare di passare per primi sul rettilineo del traguardo e dare la scia agli avversari. Questo anche quando c’erano ancora undici giri da percorrere e il gruppone di piloti si trovava subito dietro a chi ne è stato protagonista.
Non solo Moto3
Per quanto riguarda la MotoGP, è stato Quartararo il pilota nell’occhio del ciclone: gli si è aperta la tuta e ha corso gli ultimi giri letteralmente a petto nudo (non indossa il sottotuta) e senza il paracostole e la Direzione Gara non è intervenuta per fermarlo. Un brutto episodio per la pagina del motorsport e per tutti quei ragazzi che sognano di arrivare al motomondiale e prendono esempio da chi - del motomondiale - è protagonista.
Sicurezza in pista, è adesso il momento di cambiare
Dalla Germania bisogna cambiare, è certo, e fare in modo che questo cambiamento rimanga saldo anche in futuro. Basta comportamenti pericolosi in pista e, in caso ce ne siano, giù di sanzioni da parte della Direzione Gara. Perché in moto basta un niente per perdere la vita, ne si ha avuto la prova tante, troppe volte. Basta rallentamenti in piena traiettoria e con quattordici moto dietro. Bisogna farlo per la sicurezza dei piloti, perché possano correre consapevoli di essere protetti (e se necessario sanzionati) da un organismo con questo preciso compito, che quando occorre interviene tempestivamente. Ma è proprio questo organismo che per primo deve cambiare, intervenendo per bloccare una situazione potenzialmente pericolosa per la sicurezza dei piloti e punendo chi lo merita. Come possono i piloti correre tranquilli ed evitare di creare situazioni pericolose in gara se chi ha il compito di fermarli non lo fa? Forse i piloti non sono i primi che devono essere educati.