Il dottore Emanuele Giordano, palermitano con trascorsi professionali negli Usa, è fisiologo di medicina computazionale quantitativa, docente di biochimica degli alimenti e di digiuno
intermittente, di teoria e metodologia dell'allenamento sportivo, di teoria della complessità dei modelli sistemici. Negli ultimi anni ha concentrato la sua ricerca sull'epidemiologia genetica delle
scelte alimentari, sull'alimentazione vegetariana e mediterranea, sul ruolo dei mitocondri come chiave della longevità e della buona salute. Lo incontriamo in occasione di un convegno del progetto
"Naturium" su “Alimentazione, sport, dieta vegetariana e dieta vegana”.
Dottore Giordano, è possibile coniugare dieta vegetariana e prestazione agonistica?
“Se è vero che un regime alimentare basato sulla dieta mediterranea (essendo un regime a prevalenza vegetale), e un regime latto-ovo-vegetariano è perfettamente salutare ed efficace per qualsiasi
attività performativa, lo stesso possiamo oggi dire con certezza per un regime di tipo vegano. Rimane in ogni caso fondamentale in qualsiasi regime alimentare osservare la più ampia variabilità
alimentare e una rotazione periodica dei cibi consumati”.
In ogni caso, lei consiglia di ridurre il consumo di proteine animali?
“Ci sono solo vantaggi a ridurre, o ad eliminare per chi ha ragioni animaliste, le proteine animali di qualsiasi tipo. Se il cibo animale può avere avuto un ruolo importante nell’età paleolitica per
la nostra sopravvivenza e sviluppo, oggi, le mutate condizioni ambientali e sociali e lo sviluppo avanzato del nostro corpo e cervello, ci offrono la possibilità di ridurre fortemente il consumo
animale e di abolirlo completamente senza incorrere in carenze nutrizionali e problemi di salute, avendo l’accortezza e competenza di conoscere bene le straordinarie potenzialità del cibo di origine
vegetale e le combinazioni e il completamento dei pasti. Esistono oggi poi rispettabili posizioni etiche e di sostenibilità ambientale ed ecologica che invitano a prendere seriamente in
considerazione una forte riduzione e/o abolizione dei consumi animali. Ripeto, una dieta sostenibile, benefica per la persona, gli animali e per l'impatto ambientale, proiettata sulle stime di
richieste mondiali di carne, impone una forte riduzione dei suoi consumi e l'applicazione di scelte alternative, altrettanto salutari. Non siamo più nel Paleolitico dove avevamo ancora bisogno di
carne per fare evolvere il cervello. Il cervello evoluto ora c'è e per mantenerlo non serve più per sostenerlo, ricorrere alla carne. E certamente conviene ridurla”.
Lei si occupa scientificamente soprattutto di digiuno intermittente. In cosa consiste tale prassi?
“Il digiuno intermittente è una modalità di alimentazione alternata (finestre di 16-24 ore di digiuno seguite da rialimentazione) estremamente efficace per riuscire a manipolare efficacemente quel
meccanismo biologico di ricambio cellulare e riparazione noto come Autofagia (letteralmente: mangiare se stessi). L’Autofagia è un meccanismo che permette la riparazione e sostituzione dei
mitocondri, organelli endocellulari deputati alla produzione di energia. I mitocondri vanno incontro a usura e il digiuno intermittente è uno dei mezzi più efficaci, attraverso cui è possibile
rinnovarli e produrne di nuovi perfettamente funzionanti. Il meccanismo autofagico, che viene attivato intensamente solo durante periodi temporali di astensione dal cibo, ripara anche le membrane
cellulari e le proteine alterate. Alternare momenti di astensione dal cibo a momenti di sovralimentazione consente di riparare durante il digiuno le strutture guaste e di ricostruirle in modo sano
durante la sovralimentazione. Uno degli aspetti più interessanti della autofagia è il suo collegamento con l’invecchiamento, e la possibilità di manipolare l’autofagia per estendere la durata ma
soprattutto la qualità della vita. Questo perché oggi sappiamo quanto i mitocondri siano fondamentali per far funzionare correttamente tutte le cellule del nostro corpo. Ci sono molte evidenze
scientifiche di come il digiuno intermittente possa essere un mezzo molto efficace nella prevenzione di molte malattie. Il digiuno intermittente è una pratica salutare che rappresenta una condizione
evolutiva già presente nell’uomo preistorico, siamo geneticamente predisposti per sopportare periodi di digiuno, è una condizione naturale che l’uomo primitivo ha vissuto nel suo passato ancestrale e
rappresenta un modello più evoluto e più facilmente realizzabile nel concreto della restrizione calorica permanente, che è un’altra pratica molto efficace ma non facilmente applicabile come il
digiuno intermittente”.
Ma lei come si approccia personalmente al cibo?
“Nella mia alimentazione ricerco la massima biodiversità raggiungibile, la rotazione alimentare frequente, imparare a fare la spesa, senza la quale non c’è buona alimentazione, e sedersi a tavola per
vivere quanto più possibile un momento di convivialità, quindi evitare il più frequentemente che si possa mangiare da soli, prendendo sul serio l’affermazione di Kant, riferita in Antropologia dal
Punto di Vista Pragmatico, secondo la quale non si dovrebbe mangiare senza compagnia e di come a tavola dovrebbero esserci sempre dalla tre alla nove persone: non meno delle Grazie e non più delle
Muse”.
Un consiglio ai nostri lettori?
“Dico che per nutrirsi bene ciò che è fondamentale è riscoprire l’individualità speciale e unica di ognuno di noi e la possibilità di recuperare un rapporto, una relazione con il cibo che metta
al centro l’energia umana della persona in continuo divenire da una parte, e dall’altra l’energetica sottile dei cibi compresa secondo un modello di ragionamento basato sulla relazione yin-yang. Si
tratta di riscoprire il nostro rapporto empatico con gli alimenti, attraverso un risveglio e un training sulla conoscenza intuitiva delle nostre necessità energetiche imparando a usare un modello di
pensiero yin-yang applicato agli alimenti, facilmente comprensibile e affascinante per la capacità che ha di descrivere la natura degli alimenti grazie al raffinamento delle nostre capacità di capire
(senza abusare del pensiero analitico occidentale) cos’è realmente quel tale cibo senza perdersi nel labirinto della sua chimica e perché mi può essere più o meno utile in quel dato momento della mia
vita e in quel dato momento della mia giornata”.
Francesco Pungitore